Bocciato il tunnel, la Commissione di esperti istituita dalla De Micheli prende in considerazione il ponte sospeso a 3 campate. Buono solo per perdere tempo.
Almeno ad una cosa è servita la commissione istituita questa estate dalla De Micheli 16 esperti che dovevano concludere il loro lavoro entro il 31 ottobre 2020, poi entro il 31 dicembre dello stesso anno, ed infine ci sono riusciti, a quanto pare, a maggio 2021: il risultato ottenuto è stato l’eliminazione dal dibattito pubblico, nei bar come nei Ministeri, del tunnel di cui tutti si erano innamorati quest’estate, vice ministro Cancelleri in testa.
Eppure, per arrivare a questa conclusione sarebbe bastato leggere le poche righe che avevamo vergato in quel tempo, basandoci sulla nostra conoscenza delle opere di ingegneria. Snobbata dal ministro e dal vice ministro, che al sottoscritto hanno giustamente preferito 16 “esperti” che, per risolvere il dilemma, hanno impiegato 9 mesi.
Una inutile empasse che, probabilmente era proprio quello che si voleva ottenere. Una impressione che, da modesti osservatori quali siamo, abbiamo avuto sin dall’inizio, e lo abbiamo detto chiaramente: si voleva esclusivamente perdere tempo… E ci si é riusciti.
Il responso ci dà, purtroppo, un’altra certezza: che la perdita di tempo, per chi ci governa, non è ancora sufficiente. La Commissione, a quanto sembra, e come temevamo, ha considerato plausibile l’ipotesi del Ponte a tre campate; una decisione che porterà altre nefaste conseguenze.
Nel merito tecnico, l’interrogativo è sempre lo stesso: come mai nessuno ci ha pensato prima? In realtà, ci avevano pensato in tanti, a partire da tempi lontanissimi, per lunghi decenni, fino al 1986. In quell’anno, infatti, di fronte a questa ipotesi più volte formulata nelle sue varie forme (due, tre, quattro campate…) si ebbe il primo pronunciamento da parte della Stretto di Messina s.p.a., seguito un anno dopo da un analogo pronunciamento delle allora Ferrovie dello Stato. Entrambi contrari.
La pietra tombale arriverà definitivamente (anzi, quasi definitivamente, vista l’improvvida iniziativa delle De Micheli) nel 1990, quando due esperti di fama mondiale, l’americano Robert Whitman e l’olandese Abraham Van Weele, nominati per dare un responso su questa ipotesi, esclusero categoricamente la realizzazione anche di una sola pila in mezzo allo Stretto. Nelle motivazioni, che riportiamo integralmente in figura, si faceva laconicamente riferimento alle complesse problematiche in fase costruttiva ed alla forte suscettività ai terremoti.
Per farsi un’idea di cosa volessero dire i due esperti già 30 anni addietro, basta rammentare la profondità dei fondali sullo Stretto di Messina, che arrivano a 150 metri. Profondità ben lontane da quelle massime raggiunte finora, relative al ponte strallato a più campate “Rion Antirion”, in Grecia, che poggiano su un fondale marino profondo, al massimo, 60 metri. Realizzate in un braccio di mare, il golfo di Corinto che non risente delle forti correnti dello Stretto, alla base delle problematiche costruttive evidenziate 30 anni fa da chi comprende, ad esempio, quanto possa essere complicato ottenere la verticalità di una struttura del genere in queste condizioni. Fattori che forse saranno sfuggiti agli esperti nominati dalla De Micheli.
Inutile sottolineare che le pile in acqua (nel caso del ponte a tre campate sarebbero due), porrebbe per sempre limitazioni importanti alla navigabilità sullo Stretto, soprattutto sotto il profilo della sicurezza. Proprio per evitare queste problematiche si era scelto già, nel 1986, di posizionare le pile del ponte sulla terraferma, realizzando un’unica campata; scelta confermata in tutti i passaggi successivi: studio di fattibilità, progettazione preliminare, progettazione definitiva e relative procedure di validazione ed approvazione da parte di organismi “terzi” di livello internazionale.
In un paese dalla memoria corta non ci possiamo meravigliare certo che la gente comune si dimentichi di tutto ciò. I nostri governanti, che conoscono fin troppo bene i loro governati, lo sanno. Consci di ciò, continuiamo a sostenere che di fronte a questo ulteriore, reiterato tentativo di dilazionare i tempi, non ci può essere altra logica spiegazione che il voler calciare la palla in tribuna per rimandare, ancora una volta, la effettiva realizzazione del Ponte che, evidentemente, spaventa, anzi terrorizza, qualcuno.
Indubbiamente, questa assurda pantomima sulla scelta tipologica già fatta più di 30 anni fa, ci ha già fatto perdere i 9 mesi che hanno consentito di sottrarre il Ponte al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Ma ce ne farà perdere molti di più in futuro.
Infatti, di questo ponte a tre campate non esiste alcun elaborato progettuale. A differenza dell’esistente progetto definitivo del Ponte a campata unica, questo progetto deve essere redatto di sana pianta, a cominciare dai sondaggi sul fondale dello Stretto per individuare dove e come realizzare le pile in alveo; roba che da sola richiede anni di sondaggi con sofisticate apparecchiature off shore. E che, c’è da scommetterci, sta suscitando gli appetiti di chi ha già predisposto le parcelle preventive. Altrimenti, a cosa servirebbero i 50 milioni di euro già stanziati nella Legge di bilancio per dare seguito alle indicazioni della Commissione di esperti?
Se consideriamo che dai primi studi preliminari al progetto definitivo del Ponte a campata unica sono passati almeno 20 anni prima di arrivare al progetto definitivo, possiamo già stabilire che di Ponte sullo Stretto non ne vedremo traccia almeno fino al 2040.
Speriamo di sbagliarci; non tanto per noi, ma per il destino dell’intero Meridione e, quindi, del nostro Paese. Il Ponte, infatti, non riguarda esclusivamente la Sicilia ed i suoi abitanti che, nel frattempo, continuano a decrescere causa emigrazione. A tal proposito, c’è da augurarsi che per quell’epoca ne siano rimasti ancora abbastanza… Almeno per non sentirsi dire, a progetto redatto e parcelle pagate, che non vale la pena realizzare un’opera così costosa per collegare al continente quei pochi sventurati rimasti nell’isola.




dicevano che non avrebbero fatto il ponte per occuparsi dei raddoppi ferroviari in sicilia. se ne stanno occupando, nel senso che li stanno stralciando da qualunque finanziamento.
Esatto. E niente Palermo-Messina
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