Tra le idee che si presentano all’orizzonte per affossare il Ponte sullo Stretto una in particolare prende campo ultimamente: è quella del tunnel. Qualcuno chiede, in sintesi, di rinunciare ad un progetto definitivo che può contare almeno 20 anni di travagliati studi ed approfondimenti per progettare al suo posto, di sana pianta, un sistema di gallerie subalvee. Il solo attraversamento ferroviario richiederebbe almeno tre gallerie: una per senso di marcia ed una di servizio.

 

Quelle di transito dovrebbero peraltro essere di dimensioni maggiorate rispetto agli standard ferroviari per ovvi motivi di sicurezza, aerodinamici e di ventilazione. La galleria di servizio avrebbe anche finalità manutentive per consentire di recuperare viaggiatori rimasti intrappolati. Un’infrastruttura simile a quella realizzata sotto la Manica con una differenza notevole: la Sella dello Stretto è profonda più di 150 metri ed è relativamente “giovane” in termini geologici. L’esistenza di molte faglie – attive e trasversali rispetto al tunnel – e la presenza di formazioni incoerenti e permeabili sono sistemi geologici in grado di mettere in crisi persino lo scavo meccanizzato: l’attraversamento di una faglia ha causato l’unico rallentamento verificatosi durante lo scavo della galleria ferroviaria del San Gottardo (57 km).

 

In caso di attentato, ciò che potrebbe avvenire in una galleria lunga decine di km è molto più preoccupante di ciò che avverrebbe su un ponte sospeso di 3,3 km, considerati anche gli effetti dirompenti dell’incendio di un camion sotto il Monte Bianco nel marzo 1999. Lo stesso tunnel sotto la Manica, che ha registrato gravi incidenti già in fase di costruzione ed almeno 6 in esercizio, fu chiuso per un mese quando, il 18 novembre 1996, l’incendio di un Tir costrinse i gestori ad utilizzare un unico binario fino al giugno del ‘97. L’aumento di calore dentro la galleria fu tale da fondere chilometri di binari e linea di contatto. A malapena si riuscirono a evacuare i viaggiatori in preda al panico, a 50° di temperatura.

 

Mentre l’Eurotunnel non supera quota -100, per trovare nei fondali dello Stretto le prime rocce che danno, teoricamente, meno problemi occorre scendere a quota -250m, dove l’enorme pressione idrostatica comporta grave rischio di allagamento.

 

Mantenendo standard da AV, il percorso di approccio alla parte sottomarina sarebbe così lungo da rendere complicato servire sia Messina che Reggio. Non parliamo del tunnel autostradale che avrebbe bisogno almeno di 4 ulteriori canne, due di transito e due di emergenza, per una lunghezza di almeno 30 km, con problemi di sicurezza di gran lunga superiori a quelli del tunnel ferroviario. E siamo sicuri che la voglia di andare in Sicilia (o in Calabria) faccia superare le paure di chi è in auto?

 

Tutte problematiche ampiamente sviscerate da prestigiosi studiosi già a partire dagli anni ’80 e concluse dando il via al Ponte sospeso. Anche considerando il rischio più temuto: quello sismico. I pericoli possono essere soltanto attenuati, ma mai eliminati del tutto e, per farlo, occorrono costosissimi sistemi che incidono pesantemente sui costi di gestione: per questo motivo nasce il dubbio che si voglia ripiegare su un’opera esclusivamente ferroviaria. Forse per non scontentare qualcuno, compreso il Viceministro grillino Cancelleri che si converte sulla via di Damasco a prendere in considerazione una soluzione che penalizzerebbe enormemente la sua Sicilia.

 

Il Ponte, invece, è sia ferroviario che stradale e ha brillantemente superato le problematiche più impegnative che, per i ponti sospesi, sono legate soprattutto al vento: il profilo dell’impalcato, capace di resistere a venti di 200 km orari, è stato già imitato in tutto il mondo e l’opera, a differenza del tunnel, attirerebbe milioni di turisti ogni anno. Ma, forse, a questo il Viceministro siciliano non ha pensato.

 

Per quanto concerne l’impegno finanziario, va chiarito che per realizzare le gallerie sotto lo Stretto si spenderebbe una cifra del tutto paragonabile a quella prevista per il Ponte, se non superiore. Lo scavo delle gallerie è soggetto a “sorprese geologiche” che, nel caso della Manica, hanno comportato il triplicamento dei costi previsti.

 

In sintesi, tra maggiori pericoli, l’incertezza di percorribilità per il gommato, la mancanza di attrattività turistica, i probabili maggiori costi, i vent’anni necessari a riprogettare tutto, l’idea del tunnel, in un Paese serio, non sarebbe neanche lontanamente presa in considerazione. Ma pare che, dalle nostre parti, ci sia già qualcuno che si sta aspettando l’incarico per un’analisi costi-benefici da gestire opportunamente.