I DATI DA BELLOLAMPO, SULLE COLLINE DI PALERMO, CONFERMANO LA PRESENZA DI DIOSSINA. DA DECENNI SI PARLA DI TERMOVALORIZZATORI, MA SONO CONSIDERATI INQUINANTI…

 

Dopo l’incendio che ha interessato la discarica di Bellolampo, l’Arpa ha rilevato la presenza della sostanza nell’area. “La determinazione di diossine sull’aria campionata nei pressi della località Inserra, dalle ore 22.00 del 24 luglio alle ore 22.00 del giorno dopo ha restituito una concentrazione pari a 939 TE fg/m3”, si legge nel sito dell’ente.

“I risultati riflettono la formazione di diossine e furani e la loro presenza in aria ambiente, che costituisce un dato da attenzionare. – dicono – I valori di concentrazione riscontrati sono indicativi della presenza di una fonte emissiva locale”.

“Il Rapporto dell’Arpa regionale – afferma in una nota il sindaco Roberto Lagalla – attesta, coerentemente con la presenza di fonti emissive locali, un innalzamento dei livelli di diossina durante la fase acuta degli incendi. Come specificato dalla relazione dell’Arpa, si precisa che l’eventuale esposizione a diossine e furani non pone rischi connessi alla inalazione diretta, ma si rende comunque necessario solo verificare la presenza di eventuali residue concentrazioni sul terreno”.

Inquinamento da Bellolampo, nessuna novità  

Insomma, niente di nuovo sotto il sole. Anche perchè la presenza di gas tossici provenienti da Bellolampo nell’aria di Palermo è cosa antica. Lo sa chiunque abbia vissuto per qualche giorno nella città negli ultimi 60 anni, ed ha respirato la poco salutare nebbia mattutina che cala dalle colline in cui ha sede la discarica dove, spesso e volentieri, i rifiuti prendono fuoco. Anche senza aspettare che la temperatura superi i 40 gradi. Anche in pieno inverno.

Uno scandalo che va avanti da decenni senza che si pensi minimamente a fare nel palermitano quello che ormai si fa comunemente anche nel terzo mondo, dove da tempo, per smaltire i rifiuti, si è abbandonata la pratica ottocentesca di scavare un buco, metterli li e ricoprirli. Da noi, invece, si continua a farlo, lavorando alacremente perchè nulla minacci questa pratica centenaria.

Succede anche nel catanese, dove a Motta S. Anastasia esiste una discarica a cielo aperto che raccoglie i rifiuti praticamente da tutta la Sicilia. La cui gestione è stata spesso oggetto di polemiche, proteste ed indagini della magistratura. Si, perchè gli interessi, nel settore, non sono trascurabili e rappresentano un business a cui è difficile rinunciare.

Vade retro Termovalorizzatori!

Sarà per questo che le soluzioni alternative facciano così fatica ad essere realizzate? Ci riferiamo principalmente ai termovalorizzatori, presenti ovunque, anche vicino casa di Greta, ma non in Sicilia, dove si preferisce ammorbare intere città. Immettendo nell’ambiente, in un giorno solo, le sostanze che immetterebbe un termovalorizzatore in 50 anni.

Come sappiamo, tali impianti vengono osteggiati da un ambientalimo fin troppo superficiale, che reclama un impossibile recupero dei rifiuti al 100%. Al proposito, va detto che sarebbe cosa buona e giusta, ma è impossibile da realizzare, soprattutto in tempi brevi. E, in ogni caso, una frazione da eliminare rimarrebbe sempre, e sarebbe sempre meglio trasformarla in energia che buttarla sottoterra, in attesa che il prossimo incendio faccia, in maniera incontrollata, la stessa cosa che farebbe un termovalorizzatore, in maniera controllata e con l’abbattimento di polveri e sostanze tossiche.

Con l’aggiunta, ovviamente, delle plastiche posizionate per impermeabilizzare il terreno dal percolato, liquido che si forma nell’ammasso di rifiuti e che tende, andando verso il basso, ad inquinare la falda.

Ma le resistenze hanno ben altra natura. Una burocrazia asfissiante nasconde una volontà politica tiepida, fatta più da proclami che da intenzioni serie. E che ancora oggi vede la Sicilia aggrappata più a fumose (è il caso di dirlo) proposte che ad una seria programmazione degli interventi da realizzare.

Bandi inutili e burocrazia lumaca

Per la cronaca, era il 18 febbraio 2022 quando davamo la notizia del bando per la realizzazione di due termovalorizzatori, promosso dal governo Musumeci rispettivamente per la parte orientale e quella occidentale dell’isola. I due impianti dovrebbero essere collocati a Catania e Gela

Sette aziende parteciparono e cinque furono escluse per ragioni tecniche. Tuttavia, il bando non portò a nulla di concreto perchè, secondo quanto ha dichiarato l’assessore Di Mauro del governo Schifani, succeduto a Musumeci nell’ottobre del 2022, rispondendo a un’interrogazione all’Ars, “non ha seguito un iter regolare”, in quanto si trattava solo di una ricognizione e non era prevista alcuna gara d’appalto. Nel frattempo, il Piano regionale dei rifiuti, che non parla di questi impianti, va aggiornato, anche perchè scadrà alla fine di quest’anno.

In aprile il governo nazionale ha promesso poteri speciali per uno snellimento delle procedure autorizzative, con la disponibilità a concedere poteri speciali, così come già avvenuto a Roma con il cosiddetto “modello Gualtieri”. Non abbiamo notizia della loro concessione.

Eppure, non mancano i soggetti interessati alla realizzazione di tali impianti che, producendo energia, sono anche remunerativi: uno di questi è , come A2A, colosso bresciano dell’energia. Soggetti specializzati e pronti a passare alla realizzazione dei due termovalorizzatori in tempi relativamente brevi, non appena autorizzati. Ma mettiamoci comodi: è la stessa Regione siciliana a non prevedere l’entrata in esercizio di nessun termovalorizzatore prima del 2027, anno in cui terminerà l’attuale legislatura.