LA DIGA DI GENOVA CONTINUA A SUSCITARE PERPLESSITA’ – LE ULTIME DICHIARAZIONI DEL SUPERESPERTO PIERO SILVA

La nuova diga foranea di Genova, i cui lavori, appaltati a Webuild, hanno avuto ufficialmente avvio lo scorso 4 maggio, non ha mancato di suscitare polemiche sin dalle prime fasi della sua progettazione.

A sollevare dubbi sulla fattibilità dell’opera, questa volta, non ci sono gli ambientalisti o i benaltristi che abbiamo visto in azione per altre opere del Bel Paese; le suddette categorie, in questo caso, hanno inaspettatamente mantenuto un religioso silenzio, pur non mancando, l’opera, di criticità in termini di impatto con  l’ambiente.

L’ultima novità, invece, riguarda la bocciatura del TAR della Liguria che, a lavori in corso, ha dichiarato nulla l’aggiudicazione dell’appalto. La decisione dei giudici amministrativi non fermerà i lavori, ma si “limiterà” a causare il riconoscimento di un forte indennizzo al secondo classificato, che per il TAR avrebbe dovuto invece vincere la gara ed eseguire i lavori.  Magra consolazione per chi sarà chiamato, quasi sicuramente, a risponderne di fronte alla Corte dei Conti.

Anche se privo di effetti, questa sentenza è comunque sintomatica di un “modus operandi” forse un po’ troppo frettoloso. Il che è comprensibile, anche se non auspicabile, per opere così complesse: in palio, tutto sommato, ci sono i fondi del PNRR che, come è noto, prevede l’entrata in esercizio delle opere finanziate entro il 2026.

Quello che ci interessa evidenziare è la volontà ferrea di realizzare quest’opera. Se, come in questo e pochi altri casi, c’è, si va avanti comunque ed a prescindere. Anche se, come è avvenuto per la diga foranea genovese, al di là del procedimento amministrativo, le obiezioni riguardano la stessa fattibilità tecnica del progetto.

Ed a sollevarle non è un Pinco Pallino qualunque, come è capitato per il Ponte sullo Stretto per il quale, a sentenziare sugli aspetti più specialistici dell’opera sono stati geologi televisivi, strutturisti della domenica ed architetti autodefinitisi esperti di trasporti. Spalleggiati da organi di stampa che, ignorando le centinaia di esperti che da decenni esprimono pareri più che favorevoli sull’opera, hanno dedicato paginate enormi agli sproloqui di costoro.

Nel caso della diga foranea di Genova le obiezioni arrivano nientemeno che da Piero Silva, docente di pianificazione portuale all’Esitc di Caen, l’università di Normandia, che per anni ha rivestito e riveste il ruolo di direttore di progetto e consulente tecnico per decine di opere in India, Pakistan, Iran, Libano, Qatar, Yemen, Francia, Egitto, Libia, Algeria, Marocco, Ghana, Camerun, Repubblica Domenicana e Guinea.

Costui, durante il procedimento di approvazione del progetto, si è dimesso dall’incarico di direttore tecnico di Rina Consulting, incaricata del ruolo di Pmc (Project Management Consulting) del progetto, con tanto di dichiarazioni polemiche a mezzo stampa. Recentemente, intervistato da una TV locale, ci ha nuovamente sorpreso per le sue obiezioni, precise e circostanziate al progetto. Che vanno dagli aspetti geotecnici a quelli funzionali.

Silva, infatti, ha fortemente criticato il posizionamento dell’opera sui fondali costituiti da limi argillosi, che presentano uno spessore di ben 15 metri e che comprometterebbero irrimediabilmente la stabilità della struttura. Si tratta di fondali profondissimi, oltre 35 metri, dove le tecniche di consolidamento potrebbero rivelarsi complesse e dall’efficacia incerta.

Altri dubbi riguardano i tempi ed i costi dell’opera, tra loro strettamente correlati. Silva si è infatti dichiarato più che certo non soltanto che l’opera non sarà conclusa entro il 2026, ma che per realizzarla ci vorranno almeno 14 anni. I costi, inoltre, andranno ben oltre i 2 miliardi, a fronte dei 900 milioni a cui ammonta l’appalto assegnato a Webuild.

L’esperto si è spinto persino a criticare lo stesso layout dell’opera, sostenendo che il bacino di evoluzione (ovvero l’area circolare che permette alle grandi navi di manovrare in sicurezza all’ingresso nel porto) sarebbe ubicato nel posto sbagliato. Laddove è stato piazzato, non sarebbe utilizzabile dalle navi in entrata o in uscita dal porto vecchio. Le quali, come ha affermato Silva, non sono proprio delle bagnarole: si tratta di navi da crociera lunghe oltre 300 metri, che da quest’opera mastodontica non avranno alcun beneficio.

DIGA FORANEA GENOVA
fonte: https://dpdigaforanea.it/il-progetto/

Dovrebbero averne invece le grandi portacontainers da 24000 TEU che potranno finalmente raggiungere il bacino di Sampierdarena grazie agli spazi creati dalla nuova diga foranea. Peccato che, come fa notare Silva, la metà più a occidente di questo bacino non potrà mai essere utilizzato da queste navi, “a meno di non abbattere l’aeroporto”. E’ infatti impossibile attrezzare questa parte degli attracchi genovesi delle gru da oltre 90 metri, in quanto tali attrezzature andrebbero ad occupare il “cono di accesso” alla pista aeroportuale. Ovvero quello spazio aereo che va lasciato assolutamente libero per consentire l’atterraggio degli aeromobili al vicino aeroporto.

Verificando su una semplice foto satellitare, abbiamo stimato che la lunghezza complessiva degli attracchi resi disponibili da quest’opera da due miliardi avrà una lunghezza pari a circa 1800 metri. Poca roba, se si pensa che il porto di Rotterdam, al quale si vorrebbe far concorrenza realizzando questi lavori, può contare su oltre 100 chilometri di banchinamenti.

Ma c’è ancor più da riflettere se si considera che altri porti italiani sono molto più adatti a fare da “gateway”, ovvero da porto di entrata e trasbordo a terra, per le merci provenienti dal far East.

Per fare l’esempio più eclatante, Gioia Tauro, dispone già oggi, e senza spendere un euro, di oltre 5 km di banchinamenti. E che se fosse già stato realizzato il Ponte sullo Stretto si potrebbe contare su un porto come Augusta con i suoi 10 km potenziali di banchinamenti, direttamente affacciati sulle rotte che da Suez portano proprio al porto di Rotterdam. Accenniamo soltanto agli spazi retro portuali che a Genova sono semplicemente assenti ma che possono facilmente essere attrezzati in porti come quelli sopra citati a cui aggiungeremmo volentieri Gela, Taranto e Corigliano-Rossano.

Eppure, sul porto di Genova e sulla sua mastodontica diga foranea la volontà politica è ferrea: occorre andare avanti, a qualunque costo. Non a caso su quest’opera, insieme ad altre di minore entità da realizzare a Trieste, chi ha concepito il PNRR ha puntato praticamente tutte le risorse dedicate alla portualità italiana, lasciando agli altri approdi italiani soltanto le briciole. Dimenticando, peraltro, che il Piano era stato concepito per ridurre il divario nord-sud, e non per accentuarlo.