Riceviamo e pubblichiamo volentieri le riflessioni del prof. Marcello Panzarella sul Sud Italia e sul suo futuro


IL SUD ESISTE?

Questa mappa d’Italia, relativa alle potenzialità di crescita delle città italiane, è stata elaborata da un gruppo associato di consulenti delle imprese immobiliari, col supporto della società “Sistemi Urbani” delle Ferrovie dello Stato. La presenza di FS nel gruppo di redazione è evidentemente legata al ruolo che, in quanto titolari delle infrastrutture dei trasporti al servizio delle città, esse hanno nel determinarne le potenzialità di crescita, alle quali concorre anche il loro proprio patrimonio immobiliare, con la sua presenza, cospicua e attiva, sul mercato.

Le città di Roma e Milano, naturalmente considerate di primo rango, nella mappa neppure compaiono: le loro potenzialità appaiono infatti indiscutibili, scontate, e stratosferiche. Ai redattori della mappa interessava invece esplorare e definire le potenzialità di una serie di altre città, considerate di rango secondario, ma comunque di grande rilievo. Compaiono dunque, nella mappa, altre quindici città, delle quali tredici al Nord e solo due al Sud, Napoli e Bari, peraltro con valutazioni di più basso profilo. E comunque in un Sud non tanto a Sud. La mappa ci mostra pertanto quali siano i luoghi d’Italia dove il “real estate” può andare a investire col minimo rischio e il massimo profitto. Con ciò, la mappa non fa altro che confermare quanto sia ancora pienamente attiva la tendenza all’incremento dello storico squilibrio territoriale dell’Italia, un paese quant’altri mai ineguale, anzi – come lo ha definito Pino Aprile – profondamente iniquo.

Di fronte a tali evidenze, che fotografano, per contrasto, il declino inesorabile del Sud, demografico ed economico, sono quasi obbligatorie delle considerazioni generali di natura politica. Non tanto sulle colpe del passato, anche recente o recentissimo, già ampiamente indagate dalla letteratura meridionalista, quanto sull’attualità e sul da farsi, nel presente e nel futuro immediato o prossimo. Dunque bisogna tirare in ballo l’attuale azione di governo. E mi viene da osservare che se Giorgia Meloni fosse una vera statista, capirebbe che per la ripresa del credito e del prestigio nazionale italiano (cui tanto ella tiene, e cui bisogna tenere) lo sforzo di dar contenuti al “Piano Mattei” non potrà affatto bastare, anche se attuato in un rapporto davvero “alla pari” con le ex colonie europee dell’Africa: non potrà bastare perché tutto il mondo sa – e continua a constatare – che l’Italia mantiene dentro di sé una vera e propria colonia interna, il Mezzogiorno, mai affrancata e del tutto irrisolta. Un fatto che contribuisce pesantemente a screditare il nostro paese, e le capacità che esso proclama di voler mettere alla prova in ambito internazionale.

Non una parola ha proferito Meloni, personalmente, esplicitamente, nei confronti della perdurante questione meridionale. Nelle contingenze può anche essere comprensibile che il suo governo stia avocando a sé, centralisticamente, alcune competenze già pertinenti alla inefficiente periferia meridionale, allo scopo di favorirvi la spesa. Ma non si può sottacere che, in quanto governo, la Meloni non ha esplicitato un suo programma di ripresa, né una strategia per conseguirla, avendo soltanto rimodulato alcuni tratti del PNRR al fine di trasferire le somme a progetti, comunque necessari, più facilmente attuabili. Tutto ciò confermando che, contrariamente allo spirito del Next Generation EU, la spesa maggiore andrà al Nord.

Qual è stata la proposizione più esplicita della Meloni nei confronti del Sud? Irrobustirne le sparute pattuglie tecnico-amministrative, falcidiate da decenni di inibizione ad assumere? Non mi pare. Aver deciso di trasformare il Sud, di botto, in unica Zona Economica Speciale? Sì, ma in che modo garantirvi politiche del lavoro credibili e attive? Di dilazione in dilazione, di grado in grado, ancora non appare. Temo che, in merito, la proposizione forse più esplicita della Meloni sia stata quella di destinare il Sud a hub energetico: una scelta verticistica, che non comporta nuova decisiva occupazione, ma rischia di immobilizzare a tempo indeterminato dei suoli da sempre agricoli e di rovinare estesamente l’unico vero bene del Sud, cioè il paesaggio.

Una proposizione, questa, che definirei alquanto pelosa: perline offerte agli indigeni, in cambio di vero oro, con ciò replicandosi la politica colonialista che negli anni ’60 insediò soprattutto al Sud raffinerie inquinanti e cancerogene. Quanto al Ponte di Messina, e alle infrastrutture dei trasporti (una porzione del minimo indispensabile da garantire come base di una ripresa del Sud), Meloni li ha completamente delegati alle cure del ministro Salvini, cioè a un soggetto oggettivamente molto più debole di lei (oggi ancora più debole, e divenuto inviso alla sua stessa parte) senza mai spendersi visibilmente, convincentemente, a favore di tale impegno.

Ci sarebbe invece da scommettere che Berlusconi, quel discusso e discutibilissimo protagonista degli ultimi tre decenni della politica italiana, avrebbe voluto presentarsene come colonna esplicita e soprattutto visibile, garante di esso di fronte a una Sicilia che, pur senza un suo tangibile merito, tanto acriticamente lo aveva adorato. E qui mi sembra vigere un pensiero biforcuto: delegare, non esporsi, per poi poter mostrare le mani vuote, libere, nel momento eventuale della difficoltà.

Marcello Panzarella

potenzialità città secondarie FS
fonte: gruppo FS