RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO CON PIACERE LE PIU’ CHE CONDIVISIBILI RIFLESSIONI DEL PROF. MARCELLO PANZARELLA SUL RUOLO DELLA CITTA’ DI PALERMO NELL’AMBITO DELL’ASSETTO REGIONALE DI OGGI E, SOPRATTUTTO, DI DOMANI
PALERMO NELL’ANGOLO
Palermo, capoluogo della Sicilia, non sorge al centro dell’Isola. Poco male, si direbbe: al tempo della telematica la collocazione non conta. E invece no. Perché? Le risposte attraversano tutte le scale dimensionali: priva di un Piano Urbanistico aggiornato, la città stenta a collocare organicamente le poche opere pubbliche che oggi la interessano, e soprattutto, nonostante l’eccentricità evidente rispetto all’Isola, non s’accorge che dovrebbe investire in quante più infrastrutture e servizi nella sua disastrata periferia di Sud-Est, quella che costituisce il suo accesso privilegiato al 90% del territorio
regionale.
In un quadro disarticolato, privo di logica di sistema, il Comune, la Regione, le Ferrovie e l’Autorità portuale tendono a operare ciascuno per sé, con difficoltà a interfacciarsi. Non si è
compreso, per esempio, che lo storico asse N-S della città dovrebbe dotarsi di una metropolitana automatica leggera: infrastruttura fondamentale per drenare da Sud la maggior parte delle provenienze su strada e su ferro.
Anche sul fronte del porto, l’Autorità responsabile, a fronte di un PRG obsoleto e inadeguato, ha preferito progettare per conto proprio una camionale in tunnel sottomarino,
per collegarsi alla A19, Palermo-Catania: ma il porto resterà comunque privo di logistica capace di movimentare merci, privo di scalo ferroviario e soffocato dalla città. Per parte sua, anche la Regione ha operato scelte urbanistiche improponibili, quando nel
2020 ha deciso di realizzare il Centro Direzionale Regionale nell’estrema periferia Nord-Ovest della città, raggiungibile più velocemente da Trapani che da più parti del territorio comunale, per non parlare di chi viene dal resto della Sicilia.
Al termine di un iter passato per il bando e l’espletamento di un concorso di
progettazione, la scoperta della non piena proprietà dell’area ha indotto il Governo regionale a impegnare 20 altri milioni di euro per l’acquisto del terreno. Tuttavia, ai primi del marzo scorso, l’A.R.S. ha disconosciuto l’impegno. Giusto in questi giorni, si agita una ridda di ipotesi sulla nuova collocazione, anche stavolta dibattuta con criteri
che tutto guardano tranne l’unica zona razionalmente vocata: le aree comunali di Sud-Est. Ma a delineare in modo più completo la sindrome di una città che s’immagina monade, manca un tassello fondamentale: quello delle connessioni ferroviarie.
Interrotta da dieci anni la linea diretta per Trapani, le relazioni dirette di Palermo sono
solo due: Messina-Continente, e Catania. La linea Messina-Palermo, di gran lunga la più frequentata, è a doppio binario per soli 138 km dei 224 complessivi. Dopo che il governo Monti fermò i lavori del Ponte di Messina il raddoppio dei rimanenti 86 chilometri, già
deliberato dal CIPE (2010), fu espunto dagli investimenti del Contratto di Programma MIT‐RFI 2017‐2021 e dal Contratto successivo. Palermo non fece una mossa. Fermo restando il bisogno di velocizzare le linee Messina-Catania e Catania-Palermo, non si spiega la rinuncia del capoluogo al collegamento veloce e diretto col Ponte a venire.
* Professore Ordinario presso il Dipartimento di Architettura UNIPA