PONTE, COME RICOMINCIARE? PROBLEMI TECNICI, MA ANCHE GIURIDICI. LE DUE IPOTESI PRINCIPALI

 

Riavviare l’iter per la realizzazione del Ponte sullo Stretto è un obiettivo conclamato del governo, ma soprattutto un imperativo assoluto per il ministro alle Infrastrutture, Matteo Salvini. Ma come farlo, nel concreto? Il problema è piuttosto complesso, e richiede una conoscenza dettagliata di norme amministrative e tecniche, indispensabili per districarsi nei meandri dell’attuale situazione di stallo, creata dalla schizofrenia della politica italiana. La quale, pur di mantenere fede a scelte ideologiche di parte, ha dimenticato l’interesse collettivo, bloccando per diverse volte la realizzazione dell’opera fino ad arrivare allo “stop” definitivo del 2013, con la messa in liquidazione della Stretto di Messina spa.

I contratti “caducati”

La conseguenza più clamorosa è stata la “caducazione” del contratto siglato nel 2005 da Stretto di Messina spa con Eurolink, il raggruppamento di imprese aggiudicatarie dell’appalto come “Contraente Generale” del Ponte e di tutte le opere connesse (collegamenti ferroviari e stradali, centro direzionale ed espositivo, bonifiche e risanamento dei territori interessati) per oltre 8 miliardi di euro.

Nonché del contratto con Parsons Trasportation Group, società statunitense incaricata del ruolo di “project management consultant” per progettazione e direzione dei lavori: una sorta di controllore esterno dell’operato del Contraente Generale, di altissima specializzazione.

A queste “caducazioni” è seguita l’azione legale, tuttora in corso, intentata da Eurolink e Parsons Transportation contro la Stretto di Messina Spa, il ministero delle Infrastrutture e la presidenza del Consiglio dei ministri.

Torna in vita la Stretto di Messina spa

A proposito della Stretto di Messina, creata nel lontano 1982 per seguire tutte le fasi di studio di fattibilità, progettazione, appalto ed esecuzione delle opere, la sua presenza appare pressochè imprescindibile per una celere ripresa dell’iter realizzativo dell’Opera, oltre che per il superamento del contenzioso in corso.

Al Governo lo hanno capito, ed infatti la rimessa “in bonis” di questa società è prevista nel Disegno di Legge relativo al Bilancio 2023, che sarà votato nei prossimi giorni dal Parlamento. Viceversa, sarebbe veramente difficile ipotizzare un soggetto in grado di riprendere le fila del discorso “Ponte”, sia tecnicamente che amministrativamente.

Le due ipotesi per arrivare alla posa della prima pietra

Il passaggio successivo, partendo dal progetto definitivo già pronto ed approvato dalla stessa Stretto di Messina spa nel 2011, prevede sostanzialmente due strade:

  • Accordo extragiudiziale con Eurolink, alias Webuild, e con Parsons Transportation per la ripresa dei contratti già siglati nel 2005 poi “caducati” nel 2013. Questi soggetti riprenderebbe il loro compito da dove è stato interrotto, procedendo alla progettazione esecutiva ed alla realizzazione delle opere.
  • Aggiornamento del progetto definitivo da parte di un soggetto appositamente incaricato ed indizione di una nuova gara di appalto per l’affidamento della progettazione esecutiva e della realizzazione delle opere. In tal caso si potrebbe avviare una procedura negoziata ad inviti, alla quale sarebbe invitata la stessa Webuild previa rinuncia all’azione legale in corso.

La prima ipotesi consentirebbe allo stesso soggetto che aveva realizzato il progetto definitivo di mettere mano al suo aggiornamento ed alla progettazione esecutiva, accelerando i tempi di realizzazione dell’opera, almeno per due motivi.

Innanzitutto, per affrontare un progetto di queste dimensioni e qualità, praticamente unico al mondo, occorre essere in possesso di conoscenze tecniche non proprio alla portata di tutti. Chiunque, che non sia il progettista originario, volesse riprendere in qualche modo la progettazione, si troverebbe a dover studiare ex-novo ogni elaborato, ogni studio, ogni grafico di un progetto che ne contiene decine di migliaia. Quindi, dovrebbe metterci mano, procedendo agli aggiornamenti necessari, in termini di dettagli tecnici e di computazione dei costi.

Successivamente, si dovrebbe procedere ad un nuovo affidamento, quindi ad una nuova procedura di appalto. Per quanto celere possa essere quest’ultima, alla luce di quanto consentito oggi dal Codice dei Contratti Pubblici, l’esame delle offerte, la successiva aggiudicazione e la nuova contrattualizzazione comporterebbe tempi aggiuntivi non indifferenti.

Le incognite dell’aggiornamento del progetto, con nuova gara

Tuttavia, alcuni “rumors” e le stesse dichiarazioni del Ministro alle Infrastrutture fanno propendere per la seconda ipotesi: sarebbe stato anche individuato in RFI il soggetto che dovrebbe occuparsi dell’aggiornamento progettuale. Questo Ente, che presenta ottime capacità tecniche nel campo ferroviario, difficilmente potrebbe procedere all’aggiornamento progettuale senza avvalersi di professionalità specifiche per far fronte all’altissima specializzazione richiesta per progettazioni di questo tipo. E certamente ciò non avverrebbe in tempi brevi: una previsione ottimistica, considerando anche i tempi di affidamento all’esterno delle consulenze specialistiche, indica in almeno di diciotto mesi i tempi tecnici per avere l’elaborato aggiornato.

Giunti a quel punto, saremmo ancora lontani dall’inizio dei lavori, dal momento che dovrebbe essere avviata la procedura negoziata di cui abbiamo accennato sopra. La quale, tra tempi minimi burocratici e tempi di progettazione esecutiva, richiederebbe, verosimilmente, più di due anni prima di passare alla posa della prima pietra.

Insomma, tra aggiornamento progettuale e nuovo affidamento passerebbe l’intera legislatura (ammesso che si concluda alla scadenza naturale..); con buona pace dello stesso ministro Salvini, che ha già preannunciato l’inizio dei lavori entro il 2023 (per poi correggersi promettendo l’avvio dei cantieri entro due anni). E con qualche rischio per l’effettiva realizzazione dell’opera: non osiamo pensare cosa succederebbe con quadro politico diverso da quello attuale, nelle intenzioni favorevolissimo al Ponte.

Procedendo in questo modo, peraltro, esiste anche la concreta possibilità di non trovare l’assenso di Webuild, che, in teoria, potrebbe perdere il suo ruolo a favore di un soggetto che, in sede di gara, offrisse condizioni migliori per la realizzazione del Ponte. In tal caso, sfumerebbe l’ipotesi dell’accordo extragiudiziale e rimarrebbe in pendenza un contenzioso che potrebbe costare allo Stato una cifra che sfiora il miliardo di euro.

L’eventuale ripresa dei vecchi contratti

Tutt’altra situazione invece, attuando la prima ipotesi, e facendo rivivere, insieme alla Stretto di Messina spa, anche i contratti in essere per la realizzazione del Ponte sullo Stretto. Assegnati, è giusto ricordarlo, mediante procedure pubbliche aperte ad operatori di tutto il mondo. In questo caso, come ha garantito lo stesso CEO di Webuild, Pietro Salini, i lavori potrebbero riprendere entro sei mesi.

Tanti ne basterebbero per l’aggiornamento del progetto da parte degli stessi soggetti che l’hanno redatto, consentendo di riavviare subito dopo la complessa cantierizzazione dell’opera. In questo modo l’ipotesi della ripresa dei lavori entro il 2023 diverrebbe concreta. Risolvendo, nel contempo, il problema del contenzioso.

Tanti vantaggi, quindi, di fronte ai quali è difficile comprendere il motivo per cui si ipotizzi concretamente una soluzione molto più farraginosa e piena di incognite. E’ probabile che, in tal senso, abbia un peso l’operato del precedente governo, che ha stanziato 50 milioni di euro per lo “studio di fattibilità”. E che forse qualcuno vorrebbe spendere a qualunque costo. Anche quello di perdere tanto altro tempo prezioso.

 

ponte stretto