Per Antonello Cracolici il Ponte non è “non è né di destra né di sinistra”. E mette in crisi il fronte del “no” ed il PD
«Il Ponte sullo Stretto se si fa è un’opportunità, parliamo, alla fine, di una strada e una strada non è né di destra né di sinistra, non ci può essere ideologia». Una considerazione di buon senso, che molti cittadini, non soltanto siciliani o calabresi, potrebbero tranquillamente sottoscrivere.
Ma queste parole non sono state pronunciate da Salvini, che del Ponte ha fatto una scelta politica irrinunciabile, nè da un suo collaboratore. Neanche da un esponente del governo, nè, tanto meno, da un rappresentante di Rete Civica per le Infrastrutture, da sempre sostenitori sfegatati dell’opera di attraversamento stabile.
La dichiarazione sopra riportata è di Antonello Cracolici, esponente di primo piano del partito Democratico siciliano, nonchè presidente dell’Antimafia siciliana, durante la sua partecipazione all’Assemblea regionale di Confcooperative.
Nel partito di Elly Schlein sono subito partiti i distinguo e le prese di distanza: “Le dichiarazioni dell’onorevole Antonello Cracolici, favorevole alla costruzione del Ponte sullo Stretto, sono una sua legittima opinione che tale rimane a titolo personale”, scrive, in una nota, il Comitato provinciale del Pd Messina che, a scanso di equivoci, ricorda la linea ufficiale della segretaria nazionale che, “all’ultima Festa regionale dell’Unità di Agrigento, ha ribadito come si stia discutendo di un progetto costosissimo, dannoso e anacronistico”.
Ma Cracolici non ci sta, e dichiara a sua volta: «Leggo tra il divertito e lo stupito alcune reazioni a seguito del mio intervento all’assemblea di Confcooperative della Sicilia. Come spesso accade, a commentare sono persone che non avendo mai nulla da dire commentano quello che viene detto da altri. Con l’aggravante che non approfondiscono ciò di cui parlano, ma si limitano a commentare i titoli. Ribadisco il mio non essere contro il Ponte sullo Stretto di Messina per partito preso. Non lo sono e non lo sono mai stato. Ho sempre manifestato questa mia opinione in tutte le sedi, dentro e fuori il mio partito.”
Parole che non ci sorprendono, conoscendo la storia personale di Cracolici, che può vantare una lunghissima militanza a partire dalla Federazione Giovanile Comunista, nei lontani anni ’80 del secolo scorso. Cresciuto tra la “cellule” dei giovani comunisti siciliani, Cracolici ha fatto in tempo a respirare l’aria di un partito tradizionale, in cui i le classi dirigenti si formavano nelle scuole di partito. Allineatosi ben presto alla linea “migliorista”, Cracolici ha sempre anteposto il pragmatismo all’ideologia.
Che, come traspare dalle sue affermazioni, non può pervadere tutto, trasformando lo scenario politico in un enorme stadio in cui i tifosi delle due squadre si urlano a vicenda i loro strampalati slogan.
Ed è così che Cracolici, attento alla disciplina di partito ma abbastanza intelligente da non piegarsi alle sue regole a qualunque costo, mette in imbarazzo il suo partito due volte: da esponente meridionale di rilievo e da presidente dell’antimafia.
Nel primo caso, denunciando senza mezzi termini il “no” ideologico all’opera, evidenzia l’assenza di proposte alternative da parte dei vertici del suo partito: nessun “si”, nessuna proposta di sviluppo alternativa che, senza Ponte, programmi l’uscita del meridione dal baratro economico nel quale è stato cacciato dopo decenni di oblio da parte dei vari governi nazionali (soprattutto di sinistra). Men che meno un programma di potenziamento infrastrutturale, che vada oltre le folcloristiche previsioni “green” di potenziamento di percorsi pedonali (sic!) e piste ciclabili: era la ricetta della candidata democratica a Presidente della regione siciliana Caterina Chinnici, sonoramente sconfitta e passata, clamorosamente, a Forza Italia.
In seconda battuta, il ruolo di Cracolici ai vertici dell’antimafia regionale, toglie credibilità ad una narrazione semplicistica e di facile presa, soprattutto su chi nutre pregiudizi granitici ed offensivi sulle due regione collegate dal Ponte ed i loro abitanti. Secondo la quale, il Ponte “unirebbe non due coste, ma due cosche” come disse, illo tempore, il PD Niki Vendola e, più recentemente, uno dei più autorevoli “maitre a penser” dell’attuale sinistra: Don Luigi Ciotti. A cui, nel frattempo, faceva eco Tomaso Montanari definendo il Ponte “un regalo alla mafia“. Frasi mai efficacemente smentite all’interno del partito che oggi il presidente dell’antimafia fa letteralmente a pezzi.
Sappiamo, peraltro, che Cracolici non è l’unico a pensarla così nel suo partito, che conta non pochi dissidenti su questo campo, magari più silenziosi. Nè può dirsi che la base del partito, soprattutto quella meno ideologizzata, oggi mal rappresentata dalla segretaria Schlein, concordi unanimemente ai “no” aprioristici della “linea ufficiale” del PD, sul Ponte e non solo.
Chissà che questa polemica non apra, finalmente, un dibattito interno che metta fine a certe iscrizione d’ufficio di Opere pubbliche ad una o all’altra forza politica. Che poi, a pensarci bene, riguarda solo le opere di una certa area geografica: non ci risulta, infatti, alcuna contrarietà del PD ad opere come il terzo Valico, la galleria del Brennero e la variante di valico tra Emilia e Toscana…
Una incomprensibile doppia morale infrastrutturale, che non si addice a quella che, comunque la si pensi, è la più importante forza di opposizione del Paese; e non c’è democrazia senza opposizione, possibilmente seria.