La polemica per il gala del magnate giapponese a Palermo è incomprensibile, inutile e dannosa
Non vogliamo entrare nel merito della polemica tra il presidente della Regione siciliana, Renato Schifani, ed il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla.
Come è noto, alla base della “querelle” la presenza a Palermo, nei prossimi giorni, di un magnate giapponese, Kaoru Nakajima, che sta festeggiando in città il suo 73° compleanno, invitando qualcosa come 1.400 persone ed affittando i due teatri cittadini, Massimo (in copertina) e Politeama, oltre ad una quantità di alberghi cittadini che facciamo fatica a rammentare.
Per qualche motivo, il presidente Schifani non l’ha presa bene, per motivazioni che, probabilmente per limiti nostri, facciamo fatica a comprendere. Ha parlato, in una nota molto piccata, di situazione senza precedenti, problemi di sicurezza, edifici pubblici utilizzati per “certi tipi di attività”.
Meno piccata ma certamente infastidita la risposta del sindaco di Palermo, che, accennando timidamente ad una “condivisione” dei dubbi avanzati da Schifani, ha rammentato la propria “autonomia decisionale” e la necessità di norme regolamentari” che in atto mancano”.
Al di là del merito, si tratta della classica polemica all’italiana, in salsa sicula, della quale nessuno sentiva il bisogno. Come sapete, non ci interessano gli schieramenti, e pertanto non ci piace schierarci da una parte o dall’altra. Ma, in questo caso, una riflessione vogliamo farla.
Anche perché l’evento in questione, che in effetti “senza precedenti” lo è, comporta un indubbio ritorno di immagine per una città come Palermo che certamente non può permettersi di farne a meno. Uscita da decenni di stigma per essere stata al centro della cronaca nera più tragica, a causa del cancro della mafia, la città ha da poco cominciato a rilanciare la propria immagine, facendo leva sulle sue impareggiabili bellezze architettoniche ed artistiche, sul clima invidiabile e, perché no, sulle prelibatezze della sua cucina.
Al punto da essere apprezzata anche a livello internazionale, come dimostra la scelta del magnate giapponese. Perché mai allora lasciarsi andare a stucchevoli e sconclusionate polemiche tra esponenti politici, peraltro tra soggetti della stessa parte politica?
Facciamo fatica, peraltro, a comprendere alcune affermazioni: che senso ha richiamare all’uso, ritenuto inappropriato dei teatri per “certi tipi di attività”? Parliamo di templi sacri della cultura, certo, ma è veramente così insopportabile utilizzarli per mega ricevimenti, ovviamente a pagamento, considerando che saranno restituiti intonsi alla cittadinanza ? E non perchè a prenderli in gestione sia un giapponese, ma perché ci sono contratti firmati, con obblighi a cui ottemperare, polizze o fideiussioni a garanzia, nonchè penali da pagare, diversamente?
E, al di là del canone (qualcuno l’ha considerato esiguo, ma non entriamo in questo merito) non ci sarà un sicuro risalto internazionale della città, a fronte di disagi per la sicurezza? I quali, comunque, sarebbero molto meno importanti di quelli sopportati in occasione di qualsiasi partita di calcio.
Strano, poi, che a lasciarsi andare a certe valutazioni siano gli stessi amministratori che, per anni, ci hanno rimbambito con il motto: “possiamo vivere di solo turismo!“. Il quale, appunto, rimarrà per sempre un motto, essendo puntualmente smentito, nei fatti, dal comportamento di una classe politica che rimane inesorabilmente vittima del suo provincialismo. E fa di tutto per farli scappare, quelli che vengono a visitare la Sicilia, che siano semplici turisti o facoltosi uomini d’affari.
Insomma, una polemica che sembra causata più da un malumore personale, probabilmente per non aver ricevuto l’invito dal festeggiato, piuttosto che da serie e concrete motivazioni, tali da giustificare un così grande risalto sui media.
Esternazioni che potevano essere evitate da parte di chi ha cose ben più serie a cui pensare: dallo smaltimento dei rifiuti alla carenza, se non assenza, dei collegamenti con le isole minori; o, peggio, al caro-voli che si pensava di risolvere a forza di comunicati stampa e segnalazioni all’antitrust. E sono soltanto le prime problematiche siciliane che ci vengono in mente, puntualmente messe da parte per dedicarsi alle liti da pollaio.