CAMPAGNA ELETTORALE PER IL NUOVO SINDACO: CON POCHE LUCI, MOLTE OMBRE, LE NOSTRE RIFLESSIONI

 

Si conclude domani la campagna elettorale per il nuovo sindaco di Palermo. Una delle più deludenti degli ultimi decenni, forse anche di più.

Nonostante i tanti confronti, incontri e dibattiti, le discussioni non si sono sollevate minimamente dalla banalità e dagli slogan. Nell’epoca dell’apparire più che dell’essere, del superfluo più che dell’essenziale, non c’è da meravigliarsi. E’ un trend mondiale, per dirla in chiave moderna, e lo conosciamo da almeno un ventennio. Ma è stata veramente dura sopportarlo, soprattutto alla luce dei problemi ormai incancreniti che la nostra città presenta ad ogni piè sospinto.

A colpire, soprattutto, è stata la pochezza dei due candidati più gettonati, non soltanto dai sondaggi ma anche dai giornaloni, spinti a loro volta dalle forze politiche che, in massa, li hanno sostenuti, ricomponendo un panorama apparso per lunghe settimane frammentatissimo. E chissà come lo ritroveremo dopo il voto, comunque vada.

Certo, non potevamo aspettarci più di quello che hanno mostrato dagli “outsiders”: Barbera, Lo Monte e l’eurodeputata Donato hanno redatto il compito con diligenza, coscienti del loro destino e riuscendo a proporre, a volte, anche idee interessanti. Come quella di rifare, secondo Lo Monte, la maglia viaria della città: giustissima , ma forse un po’ troppo ambiziosa per chi deve governare cinque anni, e non cinquanta. Ed al quale non basterebbe l’indubbia esperienza della Barbera, forse non del tutto cosciente che gestire il comune non è come gestire un penitenziario: è molto peggio.

La Donato non poteva non pagare il suo defcit di credibilità, essendosi un po’ troppo avventurata in teorie (dal “no vax” ai dubbi sull’aggressione all’Ucraina) certamente anticonformistiche, ma non popolarissime, soprattutto in una città in cui occorre ancora seppellire 1.200 bare.

Tra i candidati in “zona podio” Fabrizio Ferrandelli è stato l’unico ad aver snocciolato numeri, cifre e persino proposte credibili, dimostrando, dati alla mano, di conoscere il bilancio comunale e di comprenderne i meccanismi. Cosa che non è riuscita, invero, né a Miceli né a Lagalla.

Il primo è apparso troppo intento a dimostrare di non essere l’erede di Orlando per approfondire la sua conoscenza della macchina comunale. E non sempre te la cavi rifugiandoti in una generica “digitalizzazione” se non addirittura nella ancor più generica “sostenibilità”.

Il prof. Lagalla, invece, ha dato l’impressione di essere talmente sicuro di vincere da aver ritenuto superfluo lo studio della materia, affidandosi, spesso, anche agli appunti scritti… Che non è elegante veder leggere durante i confronti pubblici. In effetti la materia, anche per un luminare come lui, presenta fin troppe insidie se non si è respirata, dall’interno, l’area polverosa degli uffici comunali. E fare il sindaco non è la stessa cosa che fare l’assessore regionale.

Cose concrete da fare? Poche idee, ma ben confuse: fra queste, quella geniale di proporre, dopo decenni di discussioni, l’apertura di un “dibattito pubblico”  sul tram in via Libertà e sulla Metropolitana, come ha fatto Miceli… Sperando che sull’argomento non si faccia consigliare dall’ex, non rimpianto, assessore alla mobilità Giusto Catania, suo sostenitore.

A proposito di infrastrutture, occorrerebbe spiegare a Lagalla che il Centro congressi della Fiera (idea già vecchia quando chi scrive portava i calzoncini corti e la Fiera era perfettamente funzionante) non è proprio un’infrastruttura da accomunare ai ponti Oreto e Corleone, di ben altra rilevanza sociale. Come magari lo sono la circonvallazione e la metropolitana, ma al loro proposito non abbiamo ben capito come la pensi Lagalla; si è sbilanciato solo sul tram, ma con un fumoso “valuteremo”. Pochino per chi vuole governare una città.

Anche in questo caso, Ferrandelli ha mostrato, se non altro, idee chiare: no secco al tram in via Libertà, sì alla MAL. Tanta roba, in mezzo a tanto fumo, e non solo per ciò che concerne la mobilità: sono tanti gli argomenti in cui l’ex consigliere ha dimostrato di avere, oggettivamente, una preparazione sconosciuta a tutti gli altri.

Peggio ci sentiamo se guardiamo le squadre di cui si sono dotati i principali candidati, con figure che sono apparse inadeguate se non addirittura estranee al ruolo. Certo, non c’è nulla di male a considerare “esperto di mobilità” uno che noleggia biciclette, ma per la città seconda in Italia solo a Roma per congestione da traffico, forse ci vorrebbe qualcosa di meglio. A differenza di Miceli e dei suoi presunti “esperti”, Lagalla ha pensato, e lo ha persino rivendicato, solo a figure politiche.

Anche Ferrandelli lo ha fatto, ma tra le figure da lui designate troviamo personaggi che la politica l’hanno fatto in Consiglio comunale, e non nelle segreterie, acquisendo preziose esperienze e battendosi come leoni contro la passata amministrazione. Un ottimo segnale per marcare sul serio, e non a chiacchiere, la discontinuità con il passato. Non ci sembra che altri abbiano fatto altrimenti, e non ci riferiamo soltanto a Miceli.

Tuttavia, reo di non aver dalla sua parte i pezzi grossi della politica, Ferrandelli è stato praticamente ignorato dai giornaloni locali, tutti attratte dai due “big”: incensandone uno ed attaccando l’altro, o viceversa, a seconda del partito di riferimento. Uno spettacolo squalliduccio, che prescindendo completamente dalla proposta per la città, mettendo da parte i suoi problemi, ha confermato la credibilità ormai pressoché estinta della stampa nazionale.

 

PS: Ultima riflessione, che riguarda noi di Palermo in Progress. Che a differenza di tanti, troppi, continuiamo a stare sul web, e non siamo finiti nelle liste degli assessori né, tanto meno, in quelle delle circoscrizioni o del consiglio comunale stesso; come è successo ai tanti avventurieri del web, e non solo, che abbiamo visto correre, senza sorpresa per noi, verso la tanto agognata poltrona.

Eppure ci hanno provato, e non solo nelle ultime settimane, a coinvolgerci con promesse, offerte, lusinghe: tutto inutile. Per quanto strano possa sembrare in questo mondo di banderuole, non abbiamo bisogno di passare all’incasso di nulla, perché la nostra azione non ha mai puntato a favorire nessuna persona o nessun gruppo politico. La dimostrazione, plastica e concreta, che le nostre posizioni non sono dettate da secondi fini, ma da uno solo: quello di contribuire, poco o tanto, al progresso della nostra città.

Palermo in Progress