Riporto testualmente il testo dell’articolo pubblicato oggi su “Repubblica”, pagine di Palermo. Ringrazio sentitamente la redazione del noto quotidiano.
Ecco perché il nuovo tram non risolve i problemi
di Roberto Di Maria
Lo scorso ottobre il Comune di Palermo ha presentato il progetto definitivo, vincitore del concorso internazionale relativo all’estensione della rete tranviaria con tre nuove linee. Un progetto in parte necessario, dal momento che risolve uno dei problemi fondamentali dell’attuale rete tranviaria: quello di non essere affatto una rete. La linea 1, infatti, va congiunta con le altre tre, al fine di razionalizzare la gestione complessiva del sistema. Tuttavia, ci si rende conto che l’amministrazione comunale ripone un po’ troppa fiducia su un sistema di trasporto pubblico che dovrebbe risolvere i problemi di mobilità in una realtà urbana caratterizzata da flussi che, spesso, vanno al di là della capacità di trasporto del mezzo su ferro.
Se, infatti, il tram va benissimo in tratte che collegano aree periferiche con il centro, ma senza attraversarlo, come le attuali quattro linee in esercizio, occorre fare considerazioni ben diverse sulla prevista linea A, che dovrebbe congiungere Piazza Giulio Cesare con piazza Giovanni Paolo II attraversando centralmente la città da sud a nord. Su questo tracciato sono stati fatti parecchi studi dei flussi di mobilità, anche in tempi recenti. L’ultimo, allegato al progetto preliminare della MAL (Metropolitana Automatica Leggera) datato 2014, riporta una stima di 12.300 passeggeri/ora per direzione sul’asse che allinea le vie Oreto, Maqueda e Libertà, prolungato fino allo ZEN.
Se consideriamo che la capacità massima di una linea tranviaria è di 4.000 passeggeri/h, si comprende come questo sistema non sia neanche lontanamente in grado di coprire la domanda di trasporto sulla direttrice di cui sopra. Nella scelta “solo tram” effettuata a Palermo, si è inoltre sottovalutato un altro fattore: la velocità commerciale dei sistemi, ovvero la velocità media di percorrenza considerando anche i tempi di sosta alle fermate. Mediamente, quella di un sistema tranviario tipo LRT, caratterizzato dalla sede separata e dalla precedenza ai semafori è di 18 km/h; a Palermo, dove la semaforizzazione asservita non riguarda tutti gli incroci, si registrano, già oggi, 15 km/h. Dato destinato a scendere ulteriormente con le nuove linee, se si considera che le sedi del tram non sono protette. Una metropolitana leggera automatica raggiunge invece la velocità commerciale di 35 km/h, rendendo il sistema molto più attrattivo del tram. Il comfort dell’automobile privata, già ridotto dalla atavica difficoltà di trovare parcheggio, viene compensato dalla maggiore rapidità del mezzo pubblico. Pertanto, nella nostra città, realizzare la metropolitana piuttosto che la prevista linea tranviaria A sulla stessa direttrice, aprirebbe prospettive realistiche di riduzione della circolazione veicolare da e verso il centro.
Inoltre appaiono condivisibili le perplessità espresse da molti autorevoli professionisti circa il sostanziale snaturamento di strade storiche come via Libertà, che, secondo il progetto definitivo della linea tranviaria A sarebbe trasformata in qualcosa di ben diverso dal viale alberato sognato dai rivoluzionari del 1848. Così come appaiono più che discutibili le soluzioni adottate per via Roma e via Marchese di Roccaforte: le strade si trasformerebbero in isole pedonali con dei binari tranviari al loro centro. L’idea è, invero, suggestiva. Peccato, però, che la chiusura di queste strade non sia prevista dai vigenti strumenti di programmazione del traffico, che, al contrario, assegna loro il ruolo di arterie viarie di primaria importanza. Si ripropone così, ancora una volta, l’interrogativo: non sarebbe il caso di pianificare le opere prima di progettarle, e non viceversa?
Per concludere, un accenno al problema più gravoso e meno approfondito: quello dei costi di gestione. Per le linee tranviarie in esercizio, sofisticate ma costose, essi incidono per oltre 11 milioni di euro l’anno, tutti a carico di AMAT, che gestirà,oltre alle attuali, anche le future linee tranviarie. La Ztl, creata apposta per incrementare gli introiti e far fronte ai maggiori oneri di gestione del Trasporto Pubblico, ne fornisce 2,6 (a fronte dei 30 previsti). Non a caso AMAT ha chiuso il 2018 con un “buco” di 6,8 milioni di euro che attende ancora di essere tappato. Cosa succederà quando le linee in esercizio passeranno dalle attuali quattro, per complessivi 17,8 km, ad undici, estese 55,8 km?