Un servizio del TGR Rai non basta a colmare l’indifferenza dei media sul trasporto ferroviario
Pochi giorni fa abbiamo assistito ad un interessante servizio della TGR Sicilia della Rai che testimoniava un fatto reale che ha dell’incredibile: il viaggio di 5 ore e 15 minuti necessario per raggiungere in treno Gela da Catania.
Tanto è il tempo che intercorre, via ferrovia, tra due località distanti 88 km in linea d’aria. Un fatto oggettivo quanto grave, ben documentato dalla TV di Stato, con un servizio giornalisticamente apprezzabile, a parte qualche perdonabile sbavatura tecnica (come l’orrendo termine “monovagone” per definire l’automotrice aLn668 in servizio tra Siracusa e Gela).
Peccato che non si tratti proprio di una notizia, intesa come “novità”. E’ risaputo, infatti, almeno fra quelli che per vari motivi si ostinano ad utilizzare ancora il treno nel sud-est della nostra regione, che le cose stanno così almeno dal 2011, ovvero dal crollo del viadotto di contrada Noce, tra Caltagirone e Niscemi, che ha interrotto l’intera tratta ferroviaria Caltagirone-Gela, rendendo impossibile il collegamento diretto tra Catania e Gela.
Come mai i media ci hanno messo 10 anni per partorire un così esaustivo servizio giornalistico? Dov’erano i giornali e le TV quando il problema veniva evidenziato dai comitati dei Pendolari e dalle associazioni dei consumatori?
Meglio tardi che mai, potremmo dire. D’altronde, è apprezzabile che i media si accorgano finalmente del treno, questo mezzo che tutti esaltano per la sua sostenibilità, a parole, ma che nei fatti viene sempre relegato al ruolo di comprimario, preferendogli comodissimi pullman privati, sovvenzionati con i soldi pubblici.
Ma consentiteci di restare ugualmente perplessi, soprattutto se pensiamo che ancora sono tante le cose da scoprire da parte della stampa sul web, su carta o in TV, riguardanti le ferrovie siciliane. Nonostante il tardivo risveglio.
Per esempio, che dal 2013 due capoluoghi come Palermo e Trapani non sono collegati da un treno diretto. E gli unici collegamenti esistenti, con cambio a Piraineto, sottopongono i viaggiatori ad un giro incredibile di quasi 180 km a fronte dei 72 km in linea d’aria fra le due città. Coperto in oltre 4 ore. O che, per rimanere in Sicilia orientale, la città di Caltagirone è raggiunta da soli 2 treni al giorno, ad orari a dir poco discutibili.
Ma ci si è dimenticati soprattutto, nell’immaginario mediatico, del più grave di questi scandali: quello che costringe a percorrere un tragitto di 3 km in oltre 2 ore. Perchè succede anche questo oggi, in Sicilia. E non da ieri: da sempre
Questo “disservizio” storico, che fa impallidire tutti gli altri, incide su itinerari ben più frequentati, e non solo dai passeggeri, ma anche dalle merci. Quelle poche, per intenderci, trasportate ancora su ferro, e che sono andate via via scomparendo, negli ultimi decenni, a dispetto non soltanto di tanti bei discorsi sulla sostenibilità dei trasporti, ma soprattutto di precisi obblighi della UE. Che fra pochi anni, nel 2030, ci chiederà di rispondere all’obbligo di trasferire su ferro il 30% delle merci trasportate all’interno suo territorio. Anche in Sicilia, quindi, dal momento che, nonostante l’evidenza, la nostra isola fa ancora formalmente parte del vecchio continente.
Naturalmente parliamo dello Stretto di Messina, e del problema del suo attraversamento. A quando un bel servizio che testimoni le attese, le manovre ed i disagi afflitti ai tanti viaggiatori che ancora si ostinano a prendere il treno per recarsi in continente o viceversa? Non ricordiamo, infatti, di averne mai visto nessuno.
Ricordiamo, invece, il tanto folclore, e la tanta enfasi per il secolare “ferry boat” tanto caro ai nostalgici ed agli armatori. Con tanto di esaltazione per i famosi arancini, delizia del palato da degustare comodamente durante il traghettamento: d’altronde, c’è tutto il tempo. Anche per fare il bis.