Sugli espropri per il Ponte sullo Stretto cresce l’allarmismo, ma i proprietari saranno più che indennizzati
“Noi abbiamo un problema sociale”: queste le parole della sindaca di Villa S. Giovanni, Giusy Caminiti, in una recente intervista a LACnews24.it.
Il problema sociale, secondo la prima cittadina villese, non è la disoccupazione galoppante, che spinge ogni anno 10.000 calabresi a lasciare la propria terra per trovare lavoro al nord o all’estero. E neanche la criminalità organizzata, tanto spesso chiamata in causa, purtroppo, da quelle parti. Figurarsi, poi, se il problema sociale può identificarsi nell’inquinamento causato quotidianamente dalle migliaia di automezzi, leggeri e pesanti, che attraversano il centro di Villa San Giovanni, diretti o provenienti dai traghetti.
Il problema sociale che allarma così tanto la sindaca, al punto da denunciarlo, per “tutelare i villesi”, su una testata web molto nota è, evidentemente, molto più allarmante: si tratta infatti degli espropri che verranno effettuati per la realizzazione del Ponte sullo Stretto nel territorio del suo comune.
Un’esagerazione che possiamo comprendere considerando, oltre all’appartenenza politica, anche la sensibilità al consenso locale. Da quando l’iter per la realizzazione del Ponte è stato ripreso dall’attuale governo, sulle due sponde dello Stretto è partita una controffensiva senza precedenti, che vede in prima fila chi trema all’idea di vedersi abbattere la casa, o espropriato il terreno, per la realizzazione di quest’Opera Pubblica così discussa. La cui importanza, oltre ad essere insita nel suo inserimento all’interno del corridoio TEN-T Helsinki-Palermo, è ormai sancita da una Legge dello Stato.
I media, dal canto loro, non perdono tempo, e raccolgono volentieri il grido di dolore di costoro. La7, qualche giorno fa, ha mandato in onda un servizio strappalacrime sugli espropriati della sponda messinese, peraltro molto più numerosi rispetto ai “compagni di sventura” dell’altra sponda. Con tanto di intervista a privati cittadini che, dopo un’irrinunciabile ricognizione dell’inviato all’interno dell’abitazione prossima alla demolizione, lamentavano la perdita di questo indispensabile bene, frutto dei sacrifici di una vita, etc. etc.
Chi non conosce la normativa sugli espropri potrebbe anche commuoversi di fronte al destino di questi malcapitati, pensando al danno irreversibile che subiranno di qui a qualche mese. In realtà il testo Unico degli Espropri, che vige in Calabria come in Sicilia dal lontano 2001, prevede a favore di chi viene espropriato del proprio immobile per “pubblica utilità” tutt’altro che un danno irreversibile, anzi.
La base dell’indennità di espropriazione, infatti, è il valore venale del bene, ovvero quello di mercato (art. 38 DPR 327/2001). Nel caso più penalizzante per l’espropriato, ovvero qualora sia proprietario di un edificio residenziale destinato alla demolizione, costui ha diritto ad un’indennità pari all’intero valore di mercato dell’edificio, più quello dell’area in cui esso ricade; inoltre, gli spetta un ristoro per il disagio subito e per i costi relativi al trasloco, come sancito dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Nel caso dell’esproprio di un semplice terreno agricolo, addirittura, l’indennità può arrivare a tre volte il valore di mercato se tale appezzamento è coltivato direttamente dal proprietario (art. 45 DPR 327/2001). In pratica, l’esproprio si trasforma in un affare di rara convenienza.
Ma le tutele per l’espropriato non finiscono qui: qualora costui non si ritenga soddisfatto della quantificazione del bene, può sempre contestare l’indennità, proponendo un indennizzo che ritiene più soddisfacente ed avviando una negoziazione appositamente prevista dalla Legge. La negoziazione segue un suo procedimento autonomo, mentre il bene viene espropriato e l’Opera Pubblica realizzata senza rallentamenti.
Quindi l’esproprio non è proprio questa grande tragedia, anzi: ci sono tutti i presupposti per un ristoro ben congruo, non soltanto del bene, ma anche di qualsiasi cosa possa rientrare nel “disagio” subito.
Viene da chiedersi, allora: come mai tanto allarmismo? A cosa è dovuto un così pervicace ed insistito riferimento agli espropriati, da parte di politici e media, come se si trattasse di candidati senzatetto o terremotati? E come mai non ricordiamo tanta attenzione al tema dell’esproprio in occasione di altre opere sparse per il territorio nazionale, e persino più “invasive” del Ponte rispetto alla proprietà privata?
In un Paese dove persino il comune di Roccacannuccia può avere voce in capitolo per condizionare, rallentare e, perché no, fermare le opere pubbliche, prescindendo dalla loro importanza, e dove la ricerca del consenso comunque e dovunque viene messa in cima alle priorità, non c’è da meravigliarsi. Né dell’atteggiamento di politici e media, né della continua perdita di competitività del Paese stesso nell’ambito dell’economia globalizzata.