PICCOLA INCHIESTA SUL COLLETTORE NORD OVEST ED ALTRI DISASTRI  PALERMITANI. OPERE INCOMPIUTE PER MOTIVI ASSURDI HANNO LASCIATO ENORMI PROBLEMI DA RISOLVERE. 

Parte 1

Per capire fino in fondo l’entità degli eventi che portano oggi a contare gli allagamenti in un tot al mese, occorre partire da lontano.

Si potrebbe iniziare con “in principio fu Italispaca” società creata appositamente a metà degli ani 80 per realizzare un pacchetto di opere pubbliche da realizzare a Palermo e Catania lontano da possibili condizionamenti illegali degli enti locali siciliani. Fu istituita nel 1988 dall’allora Governo Goria, a seguito delle numerose emergenze che pure capitavano in quel periodo. Quando, non potendo tirare in ballo il riscaldamento globale, occorreva fare qualcosa per risolverli, alla luce delle previsioni del PARF (Programma Di Attuazione Della Rete Fognante).

Tra le opere da realizzare partirono il Depuratore di Fondo Verde (detto depuratore dei 100.000, perchè tanti erano gli “abitanti equivalenti” calcolati per i reflui da trattare) e il collettore Nord occidentale. C’erano anche opere stradali, come la viabilità perimetrale dello Zen, che oggi circonda il quartiere in un ampio trapezio tra il velodromo, via dell’Olimpo e via Lanza di Scalea.

Il collettore Nord-Occidentale avrebbe dovuto convogliare le acque meteoriche raccolte lungo il percorso ed i reflui depurati a Fondo verde. I recapiti delle acque meteoriche al collettore comprendevano una parte di Mondello e le contrade di Partanna, Marinella, Pallavicino e Tommaso Natale: un bacino idrografico molto ampio, accentuato dalla presenza dei rilievi di capo Gallo, i cui canaloni immettono tutti nella pianura sottostante.

Il collettore, pertanto, era dimensionato di conseguenza: si tratta infatti di un’ampia galleria che partendo da fondo Anfossi, a metà strada tra Pallavicino e Mondello, perveniva al di sotto dell’attuale viale Olimpo all’altezza dell’incrocio con via Castelforte. Da qui, seguendone l’asse del nuovo viale, giungeva a Tommaso Natale, sottopassando il quartiere e proseguendo più avanti fino allo sbocco a mare, previsto a Cava d’Isola. Per l’esattezza, in corrispondenza del promontorio che sovrasta Sferracavallo, lato ovest, e viene oltrepassato in galleria sia dall’autostrada A29 che dalla ferrovia verso Punta Raisi.

I lavori di scavo del collettore avvennero a cavallo degli anni 80 e 90, procedendo da monte verso il mare senza intoppi, fino quasi al completamento dell’opera. Nel frattempo, però, veniva istituita la riserva Naturale Orientata di Isola delle Femmine, che inglobava al suo interno proprio lo sbocco del collettore.

Nonostante si trattasse di recapitare per la maggior parte acque meteoriche, dato che soltanto una minima percentuale di esse, comunque già depurate, sarebbe provenuta da Fondo Verde, il commissario della Riserva si è sempre opposto alla collocazione dello sversamento nelle acque di sua competenza. La motivazione è semplice da comprendere: le acque, pur nella loro condizione di assenza pressoché tale di sostanze inquinanti, avrebbero alterato l’equilibrio della fauna marina. Per questo motivo, a cui si aggiunse, nel frattempo, il fallimento dell’impresa esecutrice, lo scavo del collettore si fermò a poche centinaia di metri dalla meta.

Curioso il fatto che l’istituzione della riserva, nonché la sua gestione, coinvolge in prima persona il Comune di Palermo: lo stesso Ente, quindi, che aveva programmato, progettato ed ottenuto il finanziamento del collettore che avrebbe dovuto sversare le proprie acque nella stessa Riserva. E che, nella consapevolezza dell’importanza fondamentale del collettore per scongiurare eventi alluvionali in tutta l’area nord del suo territorio, non volle imporre un ripensamento ad una decisione che, a voler essere teneri, appare fin troppo zelante.

Quindi, come al solito, nella nostra città da una parte si realizza un’opera, dall’altra si pongono i presupposti del suo totale inutilizzo. Vi ricorda qualcosa (sopraelevata, velodromo, palazzetto dello sport…..)?

La storia non finisce mica qui, perché nel frattempo veniva ultimato il depuratore di Fondo Verde, che, però, senza il collettore di cui sopra, non aveva dove sversare le acque trattate. Pertanto, dopo il collaudo, avvenuto con non poche difficoltà, proprio a causa dell’assenza del collettore in uscita, si decise di metterlo in funzione adottando un geniale stratagemma: immettere le acque trattate in una condotta in pressione che, con l’ausilio di potenti pompe, le rilanciasse a San Lorenzo, esattamente a Villa Adriana; da qui, a gravità, le acque sarebbero pervenute nella rete fognaria cittadina, per subire lo stesso destino delle rimanenti acque fognarie palermitane: pervenire al maxi depuratore di Acqua dei Corsari.

Il sistema funziona fino ad un certo punto: la condotta di rilancio, infatti, è dimensionata per portate ordinarie, e non certo per la notevole quantità di acque bianche che vi si accumulano durante le piogge torrenziali che ormai frequentemente colpiscono Palermo e non solo. Motivo per cui, in caso di piogge consistenti, ciò che non riesce ad essere pompato viene fuori dai tombini di via dell’Olimpo o via Castelforte, dando luogo ad un maleodorante spettacolo a cui gli abitanti della zona sono ormai abituati.

Le pompe di rilancio, peraltro, consumano notevoli quantità di corrente elettrica, incrementando le spese a carico di AMAP e dei suoi utenti. Consumi energetici che fanno a pugni con quella sostenibilità ambientale tanto cara (a parole) all’amministrazione cittadina. Quella che vuole convincere i cittadini ad abbandonare l’uso dell’auto privata a forza di tram e piste ciclabili…

(continua nella seconda parte)

COLLETTORE
Planimetria dell’area nord della città di Palermo, con l’indicazione del tragitto del collettore nord-occidentale