Dietro l’elenco delle grandi opere commissariate dallo “Sblocca Italia” si nascondono le beffe riservate al meridione

In uno spettacolare grafico pubblicato su “La Stampa” il 16 aprile scorso abbiamo potuto osservare le grandi opere che saranno gestite da Commissari, nominati il giorno dopo dal governo nell’ambito dello Sblocca Italia.

Non ci pronunciamo sui “poteri speciali” che avranno tali commissari, che in un paese di legulei come l’Italia sono a forte rischio: si consideri che la maggior parte dei progetti è ancora a livello di studio di fattibilità e che, se la legge prevede il superamento della maggior parte dei “visti” grazie ai poteri commissariali, rimangono in piedi le possibili opposizioni delle regioni interessate. Ancor più probabili saranno le obiezioni degli enti preposti alla salvaguardia dei “beni tutelati” che in Italia sono tanti e rimangono in condizione di bloccare tutto. Per non contare i ricorsi avverso le aggiudicazioni delle gare di appalto ed i relativi tempi lunghi dei vari TAR.

Ma soffermiamoci sulle opere, e soprattutto su quelle previste al sud. Nello schema de ”La Stampa” per qualche strano motivo, molte di esse sono ripetute due volte. E’ il caso della Ferrandina-Matera, che troviamo al numero 6 ed al numero 13, cosi come per la Messina-Catania-Palermo, che troviamo al n° 14 ed al n°20.

Peccato che scrivere due volte l’opera non ne raddoppi né i benefici né il finanziamento. Senza contare che per la Messina-Palermo via Catania si allunga il percorso di oltre 130 km rispetto al tracciato esistente. Il cui raddoppio (del binario, non del numero sulla mappa), già realizzato per 2/3, rimarrà incompiuto. Nessuno dice nulla, invece, sulla necessità ed improrogabilità di un raddoppio come quello della Codogno-Cremona-Mantova.

Nessuno vuole di certo negare che le opere comprese nell’elenco vadano realizzate tutte, ci mancherebbe; o forse sarebbe meglio dire, andavano realizzate 20 anni fa. E’ il caso della Termoli-Lesina, in pieno corridoio Adriatico Pescara-Bari, fondamentale per le merci provenienti dall’estremo sud dell’isola, che può contare su porti come Gioia Tauro, Taranto ed Augusta: i primi due tagliati fuori dalla strozzatura del binario unico, la terza doppiamente tagliata fuori dal rinvio alle calende greche del Ponte sullo Stretto.

Ma è anche il caso della stessa Ferrandina-Matera, che porterebbe finalmente la ferrovia nella città dei sassi, tanto cara a Carlo Levi che, con il treno, aveva certificato anche per Gesù Cristo la fermata ad Eboli.

Meglio tardi che mai, certo…. Ma, almeno, rispettiamo la verità fattuale delle cose. Perché, come gli addetti ai lavori sanno, ed i giornalisti, più o meno compiacenti, continuano ad ignorare, non ci sarà nessuna AV a sud di Salerno. E’ il caso della tanto declamata Salerno-Reggio Calabria, ma anche della Messina-Catania-Palermo, i cui progetti prevedono tutt’altro che la AV realizzata tra Torino e Napoli, proprio 20 anni fa: una linea percorribile a 350 km/h.

Le nuove linee, tutte indicate con AV nello schema ed in tanti, troppo documenti ministeriali, in realtà saranno “AVR” ovvero: Alta velocità di rete. Linee, di progetto, percorribili a 160 km/h, che solo in “rango P” potranno superare di poco i 200 km/h.

Dove per rango P si indicano i treni ad assetto variabile, ovvero con la “cassa mobile”: una tipologia di treno che ha avuto un certo successo in passato, quando impazzava il “Pendolino”, ormai accantonato, ma poco utilizzata oggi, per motivazioni manutentive e di comfort. Certamente, non si tratta dei migliori treni in circolazione, ovvero gli ETR500 o ETR1000, tipo “Freccia Rossa” di Trenitalia, o gli ETR 675, tipo “Italo” di NTV.

Vorremmo pure capire come si possa intervenire sui quasi 400 km della Salerno-Reggio Calabria avendo a disposizione soltanto 2 miliardi: praticamente la stessa cifra dedicata alla Roma-Pescara o alla Venezia-Trieste, che non sono AV neanche sulla carta e, per giunta, sono lunghe meno della metà. Mistero ancora più fitto, se si pensa che la stessa dorsale tirrenica la troviamo ai numeri 7 e 14 sia come “potenziamento tecnologico e interventi infrastrutturali” che come “Alta velocità”.

A dir poco deludente ci appare anche l’attenzione dedicata ai porti, in un paese che ha 3 lati bagnati dal mare e si trova in pieno Mediterraneo. Sintomo, per chi non lo avesse ancora capito, della totale estraneità dei nostri governanti al mondo reale, sempre più globalizzato e sempre più dipendente dai trasporti marittimi. Soltanto 3 sono gli interventi previsti su 8.300 km di coste italiane.

Fra questi giganteggia l’onnipresente diga foranea di Genova, un’opera da 1,3 miliardi (in questo caso ridotti a 700 milioni) da realizzare ex-novo per consentire l’attracco nel porto ligure delle mega-portacontainers.  Eppure, di porti già attrezzati per l’attracco delle megacontainers, che andrebbero soltanto potenziati spendendo molti meno soldi,al sud ce ne sono già, e sono anche meglio collegabili con l’entroterra e con il centro dell’Europa.  Ma per questi ultimi, nulla è previsto, come per le loro infrastrutture di collegamento.

Fa specie, a tal proposito, non vedere tra le “Grandi Opere” il raddoppio e la riqualificazione della S. Lucido-Sibari-Taranto, linea di fondamentale importanza per collegare il porto di Gioia Tauro, dove già oggi attraccano regolarmente le grandi navi portacontainers provenienti dalla Cina, con la dorsale Adriatica. In realtà, non dovremmo meravigliarci affatto, se consideriamo che fino a poche settimane fa questo porto, con i suoi  4 km di banchine, non era neanche collegato  con la rete ferroviaria.

Allo stesso modo, farebbe sensazione, considerando la sua fondamentale importanza per la portualità siciliana, non vedervi il Ponte sullo Stretto. Ma anche in questo caso, non ci meravigliamo: che al governo non ne vogliano sentir parlare, è fin troppo chiaro.

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Le grandi opere dello “sblocca Italia”; fonte “La Stampa”