Il problema delle bare al cimitero dei Rotoli a Palermo potrebbe avere una soluzione, ma l’amministrazione sembra inerte

Affrontare il problema delle bare accatastate al cimitero dei Rotoli provoca un misto di rabbia ed imbarazzo. Sentimenti facilmente comprensibili in presenza del calpestamento dei più elementari principi di rispetto della pietà umana, che vengono ulteriormente alimentati da due circostanze che sembrano chiare.

La prima è la consapevolezza di trovarci di fronte ad un problema che ha radici lontane, lontanissime, e che per anni è stato ignorato a tutti i livelli, amministrativi e politici.

La seconda è la sensazione che se i defunti contenuti in quelle bare appartenessero alla “Palermo bene” dei professionisti e degli amici dei “potenti”, non si sarebbe certo arrivati a superare l’incredibile numero di 830 bare (ma c’è chi giura che sono quasi 900) accatastate ovunque: dai locali una volta destinati ad uffici ai gazebo improvvisati al centro dei viali cimiteriali.

A queste incredibili sensazioni, che hanno tutto il sapore delle certezze, si aggiunge un profondo senso di sgomento di fronte all’impotenza ed all’inerzia che, a quanto sembra, blocca qualsiasi azione risolutiva da parte dell’amministrazione comunale. Che, di certo non può essere la trasformazione in area cimiteriale del parcheggio di S. Maria di Gesù, di cui abbiamo trattato qualche tempo fa.

Nè sarà consigliabile aspettare la posa in opera dei 400 loculi prefabbricati già consegnati al Comune, che non si sa che fine abbiano fatto, oltre agli 80 ancora rimasti nel deposito del costruttore: ne abbiamo parlato nella nostra pagina FB Palermo in Progress in questo post. E sappiamo che i prefabbricati sono ancora li, esposti alle intemperie che, presto, li renderanno inutilizzabili.

Eppure, gli strumenti per operare ci sarebbero, anche per nell’incredibile marasma in cui sembra piombato Palazzo delle Aquile, che oltre alle bare insepolte deve risolvere i problemi relativi ai ponti fatiscenti, alle discariche sature, alla crisi dell’AMAT e chissà a quante altre piaghe lasciate incancrenire per decenni.

Proprio a proposito dei ponti, ed in particolare del Ponte Corleone, accennammo alle procedure di “somma urgenza” un tempo molto usate e, spesso, abusate. Tanto abusate da essere state fortemente limitate dal legislatore, ma non del tutto eliminate, per fortuna.

Abbiamo accennato all’articolo 163 del Codice dei Contratti Pubblici, che riguarda le “Procedure in caso di somma urgenza e di protezione civile”, applicabili alle “circostanze di somma urgenza che non consentono alcun indugio” che consentono di effettuare lavori, servizi e forniture prescindendo dalle lunghe e farraginose procedure ordinarie.

Ma potremmo anche riferirci, persino più semplicemente, all’articolo 63 dello stesso Codice, esattamente al comma 2 lettera c, in cui sta scritto tutto quello che occorre fare in presenza di “ragioni di estrema urgenza”  Se non fosse che, ormai, tali circostanze sono state abbondantemente superate dai fatti, che ci hanno condotto dall'”estrema” alla “somma” urgenza, aggettivo che nel linguaggio da legulei (tipico della nostra legislazione) ha un valore più forte rispetto al precedente.

E’ mai possibile che il Sindaco, massima autorità locale nel campo igienico-sanitario non abbia pensato a ricorrere a procedure simili? Eppure non sembra neanche il caso di valutare se ci troviamo o no in condizioni di “somma urgenza”.

Umanamente, basterebbe considerare il disagio creato ai familiari dei defunti contenuti in quelle bare; ma anche nei termini aridi del diritto ammnistrativo, è così evidente la condizione di pericolo igienico-sanitario in cui si trova il Cimitero dei Rotoli, da non lasciare spazio ad alcuna interpretazione ostativa.

Cosa si potrebbe fare con tali procedure? L’unica cosa possibile, date le circostanze: acquistare un nuovo forno crematorio, magari semovente come ce ne sono tanti in commercio, contenuti dentro un containers e completamente autonomi. Lo diciamo perchè, a questo punto, non c’è alternativa alla cremazione, se non si vogliono superare le 1000 bare e continuare a contare fino a chissà quale cifra, aggravando una condizione sanitaria già intollerabile.

Ciò anche alla luce di quanto abbiamo sentito dire in una nota trasmissione on line riguardo la riparazione del vecchio forno crematorio, alla quale si sta procedendo con una regolare gara di appalto, i cui tempi fanno prevedere l’intervento non prima del prossimo mese di ottobre (se tutto va bene). Una notizia comunicata con un certo imbarazzo da un malcapitato ospite, che è riuscita a far andare su tutte le furie persino il conduttore, che, fino a ieri, si era sempre distinto come il più serafico della categoria.

Senza considerare  che il forno da riparare è ormai talmente vecchio e superato da far dubitare fortemente dell’efficacia, nel tempo, della tardiva riparazione e delle sue pachidermiche procedure.

Ultima considerazione la dedichiamo, rispettosamente, alle vere vittime di questa situazione inqualificabile: i familiari dei defunti. Palermitani che, finora, hanno subito questa squallida vicenda con encomiabile compostezza. Ed ai quali, a causa della cremazione obbligatoria, verrà a  mancare, oltre all’umana pietà, anche il diritto di scegliere che tipo di sepoltura dare al il proprio caro.

Colpevole di essere morto in una città, Palermo, dove la distinzione fra caste, a differenza di quanto affermava Totò ne “La livella”, esiste anche per i trapassati.

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I loculi prefabbricati destinati a Palermo, accatastati ed inutilizzati