RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO CON PIACERE IL CONTRIBUTO DEL PROF. MARCELLO PANZARELLA SULLA VELOCIZZAZIONE DELLA PALERMO-CATANIA
Recovery Plan:
“Per la direttrice Palermo-Catania-Messina saranno realizzate le tratte intermedie del progetto, al completamento del quale si otterrà una riduzione del tempo di percorrenza di oltre 60 minuti sulla tratta Palermo-Catania rispetto alle attuali 3 ore, e un aumento della capacità da 4 a 10 treni/ora sulle tratte in raddoppio”.
Domanda: a chi serve, e a quale scopo serve, la velocizzazione della ferrovia Palermo-Catania?
Teoricamente il bacino d’utenza è ampio e giustificherebbe ben più di una semplice velocizzazione. Temo però che, una volta completata (!?) l’opera quale oggi definita – cioè sicuramente una linea che non sarà ad AV – i numeri reali in termini di traffico commerciale e passeggeri possano smentire tali supposte necessità e convenienza.
Intendiamoci bene: non ho nulla contro la Palermo-Catania. A beneficiarne potrebbero esserne le aree interne dell’Isola, una volta fulcro della sua economia granaria e zolfifera, ma oggi ridotte a un deserto economico e quindi demografico. Mi pare invece più difficile pensare a un serio decollo delle relazioni tra Palermo e Catania.
Relazioni che, in termini di economia, sono state da sempre pressoché irrilevanti. Certamente, dal Dittaino a scendere verso la Piana di Catania, la morfologia del territorio consente di ipotizzarvi nuove intraprese, alla cui nascita e al cui sostegno contribuirebbe il buon servizio della ferrovia così rinnovata.
Non è difficile però immaginare che queste attività (p. es. agricoltura di punta, manifatture avanzate, produzione di beni e servizi nella telematica, ecc.) sarebbero comunque legate a filo doppio con Catania; mentre ne sarebbero molto meno probabili un orizzonte occupazionale e un sbocco commerciale più palermitani che catanesi.
Più allettanti sarebbero invece le prospettive se, oltre alla Palermo-Catania, si realizzasse, con le caratteristiche previste dall’Ing. Roberto Di Maria, una ferrovia da Castelvetrano a Porto Empedocle, e se questa poi proseguisse verso il centro dell’Isola, collegandosi con la Palermo-Catania.
Ciò porrebbe le basi di future relazioni mediterranee, tra le quali la prima sarebbe tra la Sicilia e la Tunisia, da leggere comunque in termini più ampi, come istituzione di un primo tratto di corridoio euro-africano. Mi fermo qui, dove il discorso sbatte di nuovo con la necessità del Ponte.
PS.
Palermo oggi è knock-out. Essa, decentrata da sempre rispetto al resto della Sicilia, si ritrova un porto asfittico e fuori dalle principali rotte commerciali del Mediterraneo; oltre a ciò, non dispone più di nemmeno un metroquadrato di retroporto e non è quindi in grado di ampliare le sue già minime superfici di stoccaggio.
La geografia la punisce, ma i palermitani non hanno antenne, non ricevono, non lo comprendono, anzi nemmeno lo concepiscono. Neppure la ferrovia Palermo-Catania salverà Palermo. Mentre l’incompiutezza prolungata in aeternum della ferrovia Messina-Palermo (corridoio europeo SCAN-MED) potrebbe esserle esiziale.
Palermo non produce, non ha spazio e ha perduto da più di un secolo quel po’ di tradizione industriale accumulata nell’Ottocento; inoltre non possiede più il know-how oggi essenziale per poter produrre e competere al passo della contemporaneità. Cosa potrebbe salvarla? Forse solo il turismo, e tutto ciò che gli ruota attorno.
La città però è sporca, non dispone di una mobilità adeguata, e ha un centro storico ridotto ormai peggio di Beirut. Sarà forse affascinante da vedere una volta, senza però tornarci mai più.

