Trasporti pubblici metropolitani a Milano: in blu tratteggiato, la nuova line 4[spacer height=”40px”]
 

Nonostante gli oltre 3 mesi di ritardo accumulati a causa dell’emergenza pandemica, il prossimo mese di aprile entrerà in esercizio la prima tratta della linea 4 di Milano, che collegherà la città meneghina all’aeroporto di Linate, dotata di un sistema interamente automatizzato.

 

La notizia non avrebbe nulla di eclatante, non soltanto perché si tratta solo dell’ultima estensione di un sistema che già conta 4 linee per complessivi 97 km, ma anche perché lo stesso sistema automatizzato, senza conducente a bordo, riguarda la linea 5, già in esercizio da anni. Così come altri esempi simili esistono in Italia a Roma, Torino e Brescia. All’estero non si contano più.

 

E’ invece eclatante, oltre che impietoso, il confronto con le scelte riguardanti la mobilità nella città di Palermo che, come sappiamo, ha preferito puntare tutto sul tram, nonostante l’esistenza di un progetto del tutto analogo a quanto si è fatto e continua a farsi, come abbiamo visto, a Milano: quello della MAL (Metropolitana Automatica Leggera).

 

Le motivazioni per cui si è fatta questa scelta convergono su alcuni argomenti invero suggestivi: i maggiori costi della MAL, la situazione del sottosuolo palermitano, la maggiore invasività dei cantieri della metropolitana rispetto a quelli del tram.

 

Sui costi della MAL e del tram non c’è dubbio che ci sia una notevole differenza, ma abbiamo avuto modo di evidenziare, in altre sedi, come il costo in Project Financing della MAL sarebbe stato paragonabile a quello di una sola delle fasi di estensione della rete tranviaria; un sistema che, nella sua configurazione finale, verrebbe a costare alla città oltre 1,3 miliardi di euro. Ma come è noto, negli investimenti pubblici il costo va sempre paragonato al beneficio che l’opera comporta durante la sua vita utile: si tratta della famosa analisi costi-benefici che va applicata, per Legge, ad ogni investimento pubblico. E che, riguardo la MAL, ha dato esiti più che positivi al punto da prevedere, come sopra accennato, il ricorso a capitali privati.

 

Per quanto concerne il sottosuolo, fa sempre un po’ sorridere sentire parlare di possenti falde freatiche o, addirittura, di fiumi sotterranei a proposito della nostra città. Come se la presenza di un sottosuolo complesso abbia fermato la realizzazione di fitte reti di gallerie al di sotto di quasi tutte le città del mondo, magari attraversate da veri e propri fiumi sopra e sotto la loro superficie. La stessa Milano è caratterizzata da un sottosuolo tutt’altro che agevole, costituito da ghiaie alluvionali e da una falda ben alimentata; eppure sembra che soltanto a Palermo, dove la TBM Marisol ha scavato una galleria di 9,4 m di diametro lunga 2,3 km in meno di un anno (proprio sotto viale delle Alpi, ma nessuno se ne è accorto), sia impossibile scavare gallerie. Leggende metropolitane, alle quali la gente spesso crede.

 

Ma la fake news più clamorosa che ci è capitato di ascoltare è quella che riguarda l’invasività del cantiere di una MAL. I tecnici che hanno lavorato a Milano, durante uno dei tanti appuntamenti on line nel quale si parla, questa volta seriamente, di opere del genere, hanno mostrato con estrema chiarezza come le gallerie della linea 4 di Milano siano state scavate con TBM di dimensioni molto ridotte, a profondità dell’ordine di 20-30 metri dalla superficie. Lungo il tracciato, nessuna strada è stata chiusa per i lavori, se non in corrispondenza delle stazioni, dove sono stati scavati dei pozzi rettangolari della lunghezza di circa 60 m e larghezza dell’ordine dei 20. Ciò è dovuto al fatto che questi sistemi non richiedono vetture lunghissime (50,9 m) e che le stazioni possono avere dimensioni molto ridotte, soprattutto in lunghezza.

 

Non solo: le gallerie della M4 hanno, al massimo, un diametro interno di 8,15 metri, ma solo laddove si sceglie di realizzarle talmente larghe da poter ospitare una banchina di fermata: in tal modo non è necessario allargare le stesse all’interno di ogni stazione. In alternativa, si arriva addirittura a dimensioni interne di soli 5,50 metri, con grandi risparmi nelle operazioni di scavo, ma con l’unico svantaggio di dover realizzare le stazioni con un ingombro maggiore in superficie: una scelta preferita nelle tratte esterne ai centri storici, dove sono disponibili aree più ampie.

 

Una metodologia di scavo prevista, paro paro, dal progetto della MAL, che non ha nulla a che vedere con quanto è stato fatto a Palermo con l’Anello ferroviario e con alcune tratte del Passante, dove le strutture sono state realizzate dalla superficie con cantieri che hanno interessato le strade collocate al di sopra dell’intera estesa della linea. Cosa che avviene invece regolarmente nel caso della realizzazione di una linea tranviaria: come i palermitani sanno benissimo, per averlo sperimentato nel decennio 2005-2015, non c’è verso di posare i binari tranviari all’interno di una sede stradale senza demolirla per una profondità di oltre un metro, interessando in tal modo tutti i sottoservizi presenti, da spostare e ricostruire. E questo occorre farlo lungo tutte le strade interessate dal tracciato.

 

Per fare un esempio, basti pensare alla via Roma, dove il progetto della MAL non prevede neanche un centimetro cubo di scavo; e che invece verrebbe completamente stravolta, e per un tempo non breve, dalla linea tranviaria che vi si prevede. Stessa cosa in via Libertà dove, al massimo, i lavori della MAL interesserebbero aree molto ridotte in corrispondenza delle stazioni: si consideri che la stazione Archimede della MAL occuperebbe uno spazio pressoché dimezzato rispetto al cantiere della fermata Libertà sull’anello ferroviario, con i suoi oltre 120 metri di lunghezza.

 

Insomma, la bufala della maggiore invasività del sistema metropolitano rispetto a quello tranviario è servita. Non sappiamo perché, invece di esprimere ai cittadini con la massima franchezza il proprio punto di vista, politici ed “opinion leader” ad un tanto al mese preferiscano propalare panzane così grossolane, con puro sprezzo del ridicolo. Finendo peraltro col denigrare un sistema di trasporto che, per la città, non avrebbe soltanto il pregio di essere sostenibile in fase di esecuzione.

 

Altre immagini provenienti da Milano ci mostrano come la frequenza pressoché continua resa possibile dall’automatismo integrale consenta a vetture di soli 51 metri, della capacità di 600 passeggeri ciascuno, di offrire punte variabili fra 19.200 e 24.000 posti/ora. A Palermo già con valori inferiori (15.000 pass./ora) ottenibili immettendo in linea 1 treno ogni 2 minuti, le analisi sui flussi eseguite per la MAL, ma anche per il progetto Agensud di metropolitana leggera (primi anni ’90, tracciato analogo) garantiscono la saturazione della domanda, ovvero la possibilità di offrire posti a tutti, compreso chi vuole passare dall’auto privata al mezzo pubblico.

 

Cosa che non avverrebbe con un sistema tranviario, che può garantire, al massimo, 4.000 posti/ora, ovvero poco più di un quarto dell’offerta MAL. I palermitani finirebbero pertanto con il continuare ad utilizzare la cara, vecchia, inquinante automobile, ma dovendo sostenere i costi di esercizio del sistema di trasporto di superficie, molto più elevati per singolo posto offerto: si consideri soltanto che un tram deve avere un conducente e che questo va regolarmente retribuito; un convoglio della MAL no.

Sezioni-tipo delle gallerie: a destra la tipologia utilizzata nelle tratte interne al centro storico, a sinistra quella utilizzata nelle tratte esterne[spacer height=”60px”]

Stazioni tipo nel centro storico (a sinistra) e nelle altre zone (a destra)[spacer height=”60px”]

Caratteristiche del materiale rotabile della linea 4 di Milano