LE FRASI BENALTRISTE SCRITTE O DETTE A PROPOSITO DEL PONTE SULLO STRETTO E DEI RADDOPPI FERROVIARI NASCONDONO UN PARADOSSO

 

Quante volte avete sentito la frase: “prima di fare il Ponte sullo Stretto, raddoppiate le ferrovie siciliane!”. La frase è tipicamente “benaltrista”, perché indica quel “ben altro” che c’è da fare prima dell’opera in oggetto. La più avversata, ostacolata e, diciamolo, odiata della storia italiana.

Dal punto di vista trasportistico, la frase è già di per sé senza senso. Il Ponte sullo Stretto, infatti, ha una valenza ben superiore ad un qualsivoglia raddoppio ferroviario. Se non altro perché l’opera annullerebbe in un sol colpo i tempi di traghettamento, che vanno dalle 2 alle 3 ore per i treni Intercity. Nessun raddoppio ferroviario, anche realizzato con consistenti rettifiche di tracciato, consentirebbe risparmi di tempo minimamente paragonabili investendo la stessa cifra.

Tanto per fare un esempio, lo stesso raddoppio della ferrovia Palermo-Catania, attualmente in fase di esecuzione o di appalto come da previsioni PNRR, consentirebbe una riduzione dei tempi di percorrenza pari, al massimo, ad un’ora. Ed i costi previsti (oltre sei miliardi) sono paragonabili a quelli del Ponte, con una piccola differenza: quest’ultima opera comprende il collegamento autostradale, con i conseguenti risparmi di tempo anche sui veicoli gommati. Senza parlare delle non trascurabili ricadute sull’ambiente, per la drastica riduzione del traffico di traghetti sullo Stretto.

Ma c’è di più: ad analizzare bene gli effetti degli interventi di riammodernamento sulla rete ferroviaria siciliana, l’affermazione di cui sopra ci conduce ad vero e proprio paradosso.

Se si considera la ferrovia Palermo-Messina, ancora a binario unico per oltre 90 dei suoi 220 km (tra Ogliastrillo, presso Cefalù, e Patti), e si osserva l’attuale offerta di trasporto, ci si renderà conto che essa convoglia, ad oggi, 24 treni al giorno nel collegamento diretto tra le due città; di questi soltanto 5 sono diretti verso il continente (4 verso Roma, uno, notturno, verso Milano). A queste relazioni si sommano, sempre nella tratta a binario unico, alcuni collegamenti regionali, che portano ad un massimo di 42 treni/giorno (S.Agata di Militello-Patti, come da orario in vigore Trenitalia).

Nessun treno merci percorre la linea, così come avviene in tutta la rete ferroviaria siciliana, fatta eccezione per la tratta Bicocca-Messina dell’altra linea costiera, sul versante ionico: qui sopravvivono poche coppie di treni a settimana, che si attestano sull’unico terminale merci ad oggi funzionante in Sicilia, quello di Bicocca, collegandolo al continente.

Il perché della pressochè totale scomparsa dei merci in Sicilia è presto detto: non è conveniente trasportare merci su ferrovia dalla Sicilia al continente, e viceversa, sapendo di dover necessariamente attraversare lo Stretto su traghetto. Un passaggio obbligato via mare che incrementa i costi, oltre ai tempi di trasporto, tanto da rendere poco competitivo il trasporto su ferro rispetto a quello su gomma. Evitiamo di soffermarci sulle difficoltà logistiche ed infrastrutturali che comporterebbe l’allestimento di una flotta di traghetti di dimensione tale da fronteggiare questo tipo di traffico.

Né è pensabile un traffico merci ferroviario all’interno della Sicilia, dato che il trasporto via ferrovia, costi alla mano, diventa conveniente rispetto ai mezzi su gomma se supera i 700/800 km. Pesano, in questa considerazione, le “rotture di carico” necessarie per portare il carico (ormai quasi esclusivamente su container) dal punto di partenza al punto di carico su treno, e viceversa all’arrivo a destinazione. Non essendoci, in Sicilia, distanze minimamente paragonabili, spiega come mai il trasporto su gomma abbia completamente soppiantato quello su ferro per tutti i collegamenti interni all’isola.

Tonando, quindi, alle linee ferroviarie a binario unico, la tecnica dei trasporti ci dice che una linea siffatta, pur nella necessità di effettuare gli “incroci” tra treni provenienti da direzioni opposte in stazioni all’uopo attrezzate, può tranquillamente convogliare fino a 90/100 treni al giorno: il numero esatto dipende principalmente dalla quantità di stazioni di incrocio presenti in linea, oltre che ad altri fattori (velocità di tracciato, velocità tempi di accesso in “deviata” in stazione, tecnologie installate, etc.) e potrebbe essere ulteriormente incrementato. Ma anche considerandone soltanto 80 treni al giorno, ovvero 40 coppie di treni, avremmo ottenuto da una ferrovia come la Palermo-Messina una capacità quasi doppia rispetto all’attuale offerta massima sulla tratta a binario unico (42 treni/giorno).

Come si fa, allora, a giustificare il doppio binario, con la sua capacità di 240 ed oltre treni/giorno, pari a 6 volte l’attuale offerta? Semplice: si è sempre previsto, nello scenario futuro, la presenza del collegamento stabile sullo Stretto. Che consentirebbe l’incremento del traffico viaggiatori, aggiungendo all’attuale offerta viaggiatori un notevole incremento delle relazioni da e per il continente, con destinazioni ad oggi impensabili: oltre a Roma e Milano anche Napoli, Firenze, Venezia, Genova, Torino, Brennero.

Ma soprattutto renderebbe possibile il trasporto delle merci su ferrovia, potendosi instradare treni merci per distanze tali da renderli competitivi con il trasporto gommato. Una situazione incompatibile con il binario unico, la cui capacità sarebbe del tutto insufficiente rispetto all’offerta generata.

La presenza del Ponte è pertanto il motivo per cui il raddoppio della PA-Me rimase per decenni un punto fermo nelle previsioni RFI. Una volta revocata, nel 2012, la realizzazione dell’infrastruttura di collegamento stabile sullo Stretto, la conseguenza più ovvia fu l’eliminazione del raddoppio della linea tirrenica dai programmi RFI.

Rimane in vita soltanto la previsione del raddoppio sulla dorsale Messina-Catania-Palermo, a cui si sta già lavorando. Ma ciò è dovuto al suo inserimento nel corridoio della rete europea CORE ad alta capacità Helsinki-La Valletta: un sistema infrastrutturale che non può avere discontinuità, e che quindi necessita del collegamento stabile sullo Stretto. Opera da sempre ritenuta indispensabile dalla UE che, non a caso, pochi giorni fa, si è detta favorevole al finanziamento del Ponte.

Quindi potremmo tranquillamente affermare, senza tema di smentita, che prima di fare i raddoppi ferroviari, è necessario fare il Ponte. Ma questa affermazione è l’esatto opposto di quella che abbiamo riferito in premessa.

La sintesi dei due ragionamenti è quindi un paradosso: non ha senso fare il Ponte se non ci sono i raddoppi ferroviari, ma non ha senso fare i raddoppi ferroviari senza il Ponte. Un corto circuito benaltrista che dimostra, al di là di ogni ragionevole dubbio, che nel dibattito pubblico sull’opera c‘è qualcosa che non va.

Ma poiché abbiamo dimostrato con i numeri che il Ponte giustificherebbe l’adeguamento infrastrutturale delle ferrovie siciliane, soprattutto in chiave merci, quella che non funziona è l’affermazione dalla quale siamo partiti (niente Ponte se prima non si fanno i raddoppi…).

Tanto cara a certi ambienti del nostro Paese, digiuni di economia dei trasporti, ma da sempre contrari alle grandi opere sulla scorta di un facile, quanto infondato, benaltrismo. Che ci sta costando, e potrebbe continuare a costarci, molto caro.