Qualche giorno fa, il viceministro Cancelleri è stato ospite di una nota trasmissione televisiva palermitana, per una lunga intervista.

 

Ovviamente, è stato affrontato l’argomento Ponte sullo Stretto, sul quale sono note le posizioni del governo. Sappiamo già della Commissione di esperti nominata dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti per scegliere la tipologia dell’opera di attraversamento, ripetendo il lavoro svolto oltre 30 anni fa, alla cui conclusione venne indicato il ponte sospeso a campata unica. Come quello progettato fino al livello definitivo, nonché appaltato al raggruppamento Eurolink nel 2005. Cancelleri, come era prevedibile, ha voluto precisare che la Commissione intende valutare le altre opzioni in gioco, infischiandosene di appalto e progetto definitivo, entro il termine del 31 dicembre 2020, fissato dopo la proroga di due mesi concessa a fine ottobre.

 

Sulla tipologia delle ipotesi a confronto, il viceministro ha parlato chiaro, indicandole tutte come “progetti”: il ponte a campata unica, quello “a due campate” (in realtà le campate sarebbero tre, due sono i piloni in mare), il tunnel subalveo (ormai leggendario), il tunnel di Archimede o addirittura il tunnel “appoggiato al fondo”. Ipotesi, quest’ultima mai presa seriamente in considerazione: andrebbe infatti spiegato al viceministro, forse troppo influenzato dai terrapiattistiche affollano il suo movimento politico, che il fondo del mare ha 3 dimensioni, non due. E che sarebbe ben arduo per un tunnel adagiato sul fondo dello Stretto avere un andamento altimetrico dissimile da un ottovolante.

 

Quello che sorprende è quanto il viceministro ha dichiarato di seguito. Dalle sue parole abbiamoinfattiappreso che alla fine dei lavori della Commissione, ovvero a gennaio (salvo proroghe) le sue conclusioni saranno sottoposte al governo. Il quale, dopo non si sa quale valutazione (se la scelta è stata fatta da un’apposita Commissione ministeriale, cosa ci sarà da scegliere?) risponderà, parole testuali, alla domanda: “50 milioni per fare il progetto di fattibilità tecnico-economica,su quale progetto li volete spendere ?”. Come dire: una volta che abbiamo scelto il progetto, andiamo a progettarlo. A partire proprio dalla valutazione di fattibilità, in teoria già sviscerata dalla commissione. Tutto chiaro?

 

Insomma, una sorta di gioco dell’oca, dietro il quale viene astutamente celata una verità incoffessabile: i suddetti “progetti”, ponte a campata unica a parte, semplicemente non esistono, o si limitano a qualche tratto di matita se non, al massimo a qualche rendering poco più che accettabile. Altrimenti, che bisogno ci sarebbe di ripartire daccapo con la progettazione, spendendo la bellezza di 50 milioni di euro? Spesa che viene data per scontata quando potrebbe benissimo capitare che la stessa Commissione opti per il Ponte a campata unica, che non necessita affatto di uno studio di fattibilità e che, anzi, è l’unica soluzione che consentirebbe di far partire i lavori già il prossimo anno. Il che smaschera, implicitamente, quanto ormai si è capito da mesi: questo governo non ha alcuna intenzione di realizzare il ponte a campata unica, costi quel che costi. Volontà confermata da una successiva frase del viceministro, il quale riferisce l’intenzione del governo di realizzare un’opera che non debba essere chiusa “perché c’è vento”.

 

Queste premesse, rimanendo tali, ci danno un’altra certezza: per vedere un qualsivoglia cantiere per l’attraversamento stabile dello Stretto, semmai si farà, ci vorranno parecchi lustri. In barba alle drammatiche ed urgenti esigenze del sud, che vede aumentare ogni giorno il gap infrastrutturale con il centro-nord. Ma anche alle stesse esigenze dell’Unione Europea che, da una parte chiede da anni che l’Italia realizzi tutte le opere previste nel corridoio Scandinavo-Mediterraneo, entro cui ricade il collegamento Sicilia-continente, per attuare l’obbligo di spostare il 30% delle merci su ferro entro il 2030. Dall’altra, richiede progetti immediatamente cantierabili da inserire nel piano “Next generation UE”: roba seria, non certo i rendering di cui sopra.

 

Questo gioco dell’oca, inoltre, continuerà a costarci parecchio. Oltre al progetto di fattibilità stimato dal governo nei termini di cui sopra, il Codice dei Contratti prevede altre 2 fasi progettuali, con tanto di relativa approvazione da parte di decine di enti ed amministrazioni a vario titolo coinvolte, per arrivare finalmente all’appalto; procedura che, come sappiamo, spesso richiede anni di sedute e valutazioni, soprattutto se si tratta di opere di grandi dimensioni. Un’inutile e costosa replica di quanto abbiamo già visto tra il 2004 ed il 2006, in questo sfortunato e smemorato Paese. In tal modo, ai 50 milioni, annunciati senza batter ciglio da chi aveva denunciato gli sperperi della Stretto di Messina (poco più di 300 milioni, ma in 30 anni di attività) si sommeranno altre risorse pubbliche, già spese per fare esattamente le stesse cose. Sommando il danno alla beffa.