Nell’ambito dell’incontro con l’on. Maria Stella Gelmini, presente a Messina oggi, 13 febbraio 2020, accompagnata dall’on. Matilde Siracusano, Rete Civica per le Infrastrutture nel Mezzogiorno ribadisce le sue proposte per la realizzazione del PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA. In particolare, sostiene senza riserve il cosiddetto “Piano Incalza” che prevede la realizzazione dell’opera senza oneri a carico dello Stato, ma semplicemente recuperando le somme disponibili, e non spese, destinate alle regioni meridionali.
Vi proponiamo il comunicato di Rete Civica, che condividiamo ed appoggiamo pienamente:
La Rete civica per le Infrastrutture nel Mezzogiorno è un’associazione composta da uomini e donne di diverso orientamento politico, unite dalla convinzione che la ripresa sociale ed economica del Sud è subordinata al completamento del Corridoio scandinavo mediterraneo e delPonte sullo Stretto, trovando in Matilde Siracusano un solido riferimento. La scandalosa interruzione a Salerno del più importante Corridoio europeo è stata un gravissimo errore,per altro coerente con l’ultradecennale e fallimentare strategia a trazione settentrionale, consacrata nell’Allegato Infrastrutture del Def2015del Ministro Delrio, che ha confinato l’Italia all’ultimo posto per crescita e natalità,ha accentuato le diseguaglianzee sta culminando col crollo di quel che resta del nostro apparato industriale.
E’ paradossale come un Paese in queste condizioni continui con protervia e arroganza su una strada sbagliata, senza nemmeno utilizzare gli strumenti disponibili per stimolare la crescita della produzione e dei consumi di un terzo dei suoi abitanti. In palese violazione dei principi dell’Ue che indicano nella Politica di Coesione e nello sviluppo infrastrutturale la chiave per una crescita equilibrata, sostenibile e rispettosa dell’ambiente.
Il Piano Incalza interrompe la decrescita del Sud e della stessa Italia e avvia un percorso di inclusione, dando finalmente al Mezzogiorno un ruolo attivo, organico a un nuovo modello di sviluppo del Paese. Ma toglie anche ogni alibi alla classe politica nazionale e locale e le pone di fronte a una scelta precisa: riavviare l’iter del Ponte sullo Stretto senza gravare sullo Stato e sulle Regioni del Centro Nord o perdere le risorse che l’Ue mette a disposizione del Sud d’Italia.
Per il periodo 2014-2020, l’Ue ha offerto alle Regioni meridionali – sotto forma di Fondi regionali – oltre 27 mld.Di questi, ne sono stati certificati – cioè contrattualmente definiti – poco più di 7e spesi, in 6 anni, circa 3. Per godere interamente delle somme disponibili, le Regioni meridionali dovrebbero certificare e spendere, entro il 31 Dicembre 2023 – cioè nei prossimi 4 anni – oltre 20 mld, pena la perdita dell’importo disponibile ma non ancora erogato.
Un’ipotesi assolutamente inverosimile. Un ritardo che ha indotto Marc Lemaitre, Direttore Generale della Direzione delle Politiche Regionali, a dichiarare che la Commissione potrebbe decidere di tagliare i fondi destinati all’Italia.
Se la Sicilia e la Calabria destinassero alla costruzione del Ponte il 40% della loro dotazione di fondi europei e le altre Regioni del Sud vi devolvessero il solo 10%, si renderebbe disponibile un importo a 4,2 mld, sufficiente a completare l’opera. Senza perdere nulla di quanto realisticamente potrebbero fare con la parte rimanente della dotazione disponibile.
Deve essere chiaro che l’impegno organizzativo è enorme e si basa su un progetto di straordinaria valenza tecnica, fuori scala rispetto a tutti quelli degli ultimi decenni, ma la logica, l’Economia dei Trasporti e la formidabile crescita di alcune aree d’Europa nelle quali si è sviluppata la Logistica integrata consentono di smentire, se non di ridicolizzare, la tesi della priorità di altri interventi infrastrutturali mai precisati. Solo il progetto del Ponte sullo Stretto, infatti, è in una fase così avanzata da poter superare in tempo utile il vaglio della Commissione europea e dare una vera scossa a un’economia in stato comatoso.
Non sarà facile tradurre in consenso questo gigantesco sforzo ma sarà preziosa l’esperienza fatta nella realizzazione delle tante grandi infrastrutture degli altri Paesi del mondo.
Sicuramente, non andrà imitato quanto fece Renzi nel 2016, quando tentò di rilanciare il Ponte. Oltre a risultati immediati come la formazione di nuove e moderne figure professionali, la creazione di migliaia di posti di lavoro, l’affrancamento dal ricatto della malavita organizzata,oltre a dare alla gente la speranza di poter continuare a vivere in un territorio che, altrimenti, è destinato a spopolarsi, oltre a contrastare la crisi dell’acciaio italiano (il Ponte richiede 850 mila ton. di acciai di altissima qualità), a costituire un eccezionale attrattiva turistica e scientifica, oltre a rilanciare le Università e rendere produttivo il rapporto scuola-lavoro, la dimensione e l’audacia dell’opera sono tali da affascinare la comunità internazionale, consentendo all’Italia di recuperare la credibilità perduta negli ultimi decenni.
Il Ponte sullo Stretto può essere è un’Expo della durata di decenni
Vale la pena aggiungere un ultimo elemento di riflessione. Il Piano redatto da Ercole Incalza – certamente uno dei massimi esperti italiani di trasporti e infrastrutture europee -, pienamente condiviso dalla Rete, è il primo passo per creare un Sistema Sud e far compiere a tutto il Paese uno straordinario balzo in avanti.
Anticipando i futuri equilibri mediterranei. Un’attenta visione macroeconomica di medio-lungo termine,non subordinata agli interessi delle lobby che hanno condizionato i Governi italiani degli ultimi anni, avrebbe sconsigliato di affidare interamente le sorti del Paese alla PMI manifatturiera settentrionale, subfornitore dei grandi gruppi industriali tedeschi la cui crisi appare vicina. Un grave rischio per un sistema fragilissimo, attenuabile – pur in forte ritardo – solo rivolgendosi al più grande mercato emergente della seconda metà di questo secolo, quell’Africa che Madre Natura ha posto a soli 140 km da un’Italia unita alla Sicilia dal Ponte.
Un’Africa che possiede il 65% delle risorse naturali del mondo, il 70% della popolazione sotto i 30 anni e un potere di spesa che, tra 10 anni sarà pari a 1,3 miliardi di miliardi di dollari.
Se il nostro Paese vuole trovare un suo ruolo specifico nel panorama euromediterraneo e invertire un declino che dura da decenni, deve guardare al Sud attraverso il suo Sud.
Il Piano Incalza rappresenta il primo, decisivo, passo. E non costa nulla.
Rete civica per le Infrastrutture nel Mezzogiorno