Il paradosso italiano dei nuovi Hsc di Liberty Lines finanziati e penalizzati
La scelta della compagnia di navigazione Liberty Lines di issare la bandiera portoghese sull’ultimo High speed craft consegnato dal cantiere spagnolo Armon, il Gennaro C.G., destinato ai collegamenti fra Trapani e le Egadi, non ha motivazioni fiscali né avrà alcun effetto per l’equipaggio. I motivi, paradossali, sono ben altri.
La decisione, come spiega l’amministratore delegato Carlo Cotella a SHIIPING ITALY, è figlia di un corto-circuito con le autorità italiane. “Come è noto, Liberty è stata l’unica compagnia armatoriale italiana a concretizzare il progetto di nuove costruzioni – 9 Hsc ibridi diesel-elettrico, commissionati appunto ai cantieri navali di Vigo – per i quali aveva chiesto e ottenuto il contributo (circa 21,5 milioni di euro, ndr) del programma cosiddetto green fleet del Pnrr-Pnc” esordisce il manager.
Il progetto, ricorda Cotella, era meritevole dell’ottenimento del finanziamento, anche perchè coinvolge attori primari della navalmeccanica a livello mondiale, dall’australiana Incat alla Rolls Royce per la motoristica agli olandesi di Est-Floattech per le batterie: “Da usarsi in approdo e in partenza e, non appena i porti saranno dotati di colonnine di alimentazione, anche in soste lunghe. Insomma il top della tecnologia, col plus della certificazione di un ente di standing internazionale come il Rina. Ma la Capitaneria di porto, che ha gli uffici nello stesso pianerottolo di quelli ministeriali da cui avevamo avuto l’approvazione del progetto e il riconoscimento del contributo, ha eccepito la presunta carenza di una normativa che permetta l’uso delle batterie, non considerandole un sistema di accumulo caricato durante la navigazione, a diesel, quali esse sono, bensì un motore a sé” svela Cotella. Quindi ad oggi i nuovi Hsc possono circolare, malgrado le batterie a bordo, ma non possono usarle!
Il paradosso è duplice: “Navi ultramoderne in grado di ridurre di oltre il 30% le emissioni finiscono per inquinare di più dovendo utilizzare sempre e solo il diesel, anche in approdo/partenza e trascinandosi il peso a questo punto del tutto inutile delle batterie”. Finendo quindi per inquinare di più, a spese del contribuente. “Inoltre, essendo finanziate da fondi Pnrr-Pnc, non possono che essere usate in porti italiani per cinque anni, risultando dunque non vendibili né noleggiabili, anche volendo sorvolare sul fatto che l’investimento è determinante per la compagnia, rappresentando lo strumento per ringiovanire la flotta e poter quindi aspirare a mantenere i servizi pubblici che oggi offriamo”.
Pertanto, dopo aver issato il tricolore sulle prime due unità – “arrivate mentre l’interlocuzione con la Capitaneria era in corso” – si è scelta la bandiera portoghese per la terza: “A Lisbona, che, oltre a essere Unione Europea come l’Italia, non è esattamente secondaria nel panorama della marineria internazionale, il progetto dei nostri Hsc è stato accolto entusiasticamente e ritenuto del tutto confacente alla normativa internazionale, a partire dalla Solas in materia di sicurezza”.
Nell’immediato nulla cambierà, perché le navi in Italia rispondono ovviamente alle prescrizioni italiane: “Ma naturalmente la prima ispezione della Capitaneria è dovuta avvenire in regime di Port State Control, alla presenza quindi di un delegato della bandiera portoghese. Cosa che ha ingenerato un confronto fra le autorità di due paesi che dovrebbero teoricamente applicare uguali regole e si trovano invece su posizioni antitetiche”.