CARTELLI FUORI LUOGO E COMUNQUE SENZA SENSO IN UN CENTRO URBANO: COSI’ TUTELIAMO I CICLISTI A PALERMO? VI MOSTRIAMO COME FARLO SUL SERIO

«All’articolo 149, comma 1, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: Durante la marcia i veicoli […]. Fuori dai centri urbani, purché occorrano le condizioni di sicurezza e le condizioni della circolazione lo consentano, il sorpasso dei velocipedi deve essere svolto lasciando una distanza laterale di almeno 1,5 metri». Con questa frase inserita nel nuovo testo base del codice della strada la Commissione Trasporti ha definito una distanza di sicurezza per il sorpasso dei ciclisti.

Un cartello che rammenti di mantenere tale distanza, a condizione che vi siano le condizioni di sicurezza e ciò sia consentito dal flusso veicolare, è quindi sacrosanto, se posto al di “fuori dei centri urbani” come in perfetta lingua italiana indica il nuovo testo dell’art. 149, comma 1 del CDS.

Ma se esso si trova all’interno di una città, come avviene a Palermo, che significa? E’ evidente che il legislatore abbia voluto escludere quest’obbligo nelle strade cittadine, dove, con tutta evidenza, ha valutato che le condizioni di cui sopra diventano permanenti. Ovvero, non sarebbe sicuro mantenere queste distanze, oppure non sarebbe consentito dalle stesse condizioni del flusso veicolare.

Invece, per garantire sul serio la sicurezza dei ciclisti ci vuole la presenza di piste ciclabili, magari in sede separata (e decenti), limiti di velocità rispettati, prudenza e, soprattutto, controllo da parte della Polizia Municipale e delle altre forze dell’Ordine.

A Palermo, forse consci dell’assenza dei requisiti appena elencati, si è pensato bene di estendere l’art. 149 anche al centro urbano, installando almeno una ventina di cartelli ad esso ispirati. Come se si trattasse di una repubblica autonoma, dotata di una propria potestà in termini di norme sulla circolazione veicolare. Chissà se presto saranno introdotte norme a favore dei motocicli o, perché no, dei tanto invadenti monopattini?

Curioso che l’apposizione dei cartelli secondo quanto riporta la stampa, sia stata suggerita dalle associazioni ciclistiche cittadine, e che sia stata persino condivisa dalla Consulta per la bicicletta: un apposito organismo comunale formato da 50 componenti in rappresentanza di Enti, Associazioni, Organizzazioni Sociali e Culturali, singoli cittadini e cittadine che si riunisce per tutelare i ciclisti. Possibile che a tutti e 50 sia sfuggito che l’articolo 149 in città non vale?

L’organismo, per inciso, è in attività da novembre del 2020 ed ha visto realizzare, ad esempio, la pista ciclabile via Dante-via Praga. Non riuscendo ad evitare il posizionamento degli stalli lato strada, l’andamento a zig-zag in presenza delle radici degli alberi, il mancato rifacimento della pavimentazione, con conseguente presenza di buche, gli avvallamenti regolarmente allagati ad ogni acquazzone anche per la presenza di caditoie regolarmente intasate, ancorchè pericolose per le ruote delle bici in transito. Per tacere del percorso, situato sulla carreggiata più trafficata di viale Campania, con tanto di curve “a gomito” e della qualità del cordolo lato strada e delle sue bandelle rifrangenti.

Tutto ciò per limitarsi alla “ciclopolitana”, perché sarebbe fin troppo facile stigmatizzare le condizioni delle altre piste ciclabili presenti in città, anche se in questo caso la cui fatiscenza può essere attribuita alla “passata amministrazione” come spesso avviene.

I cartelli sbagliati, invece, eccoli la: sono già venti e, a quanto sembra, non si lascia, ma si raddoppia, perchè presto ne saranno installati altri venti. Ci chiediamo se, come quelli attualmente presenti, saranno anch’essi privi dell’indicazione, sul retro, del provvedimento che ne ha disposto l’installazione (vedi filmato)…

Il tutto, naturalmente, a spese del contribuente palermitano ed in barba alle esigenze dei ciclisti. I quali continuano a sognare un reale rispetto delle loro esigenze, fatto di piste ciclabili sicure, rastrelliere a norma, sanzionamento degli automobilisti incivili… E non di pannicelli caldi.

Se organismi come la Consulta di cui sopra sono un esempio della partecipazione delle “società civile” alla vita amministrativa della città, visti i risultati, forse è meglio fare a meno di tanto coinvolgimento. Se poi pensiamo che al Comune esiste anche l’Ufficio Biciclette, abbiamo l’impressione di essere allegramente presi in giro.

In ultimo, per essere costruttivi, abbiamo pensato di mostrare un esempio di corretta applicazione delle norme del Codice della Strada a favore dei ciclisti, che, evidentemente, parecchi all’interno delle istituzioni palermitane dovrebbero profondamente ripassare. Lo abbiamo trovato nel centro urbano di Mira, in provincia di Venezia: molto simile a quelli che vediamo a Palermo, ma, giustamente, senza la prescrizione della distanza in fase di sorpasso che, per l’appunto, non è prevista nei centri urbani.

Ma siccome da quelle parti la tutela dei ciclisti non è soltanto uno slogan, la strada in questione è stata appositamente riclassificata per assegnarle la “priorità ciclabile”. Infatti, si tratta di una “Strada urbana ciclabile:” come definita dall’art. 2 del Codice della Strada nella nuova categoria E-bis, che prevede espressamente “priorita’ per i velocipedi” lungo il suo percorso.

Uno strumento che consente di tutelare prioritariamente i ciclisti a norma di Legge all’interno dei centri abitati, senza inutili forzature e fantasiose interpretazioni di norme concepite per altri luoghi e situazioni. Ma che mette sul serio, e non a chiacchiere, in secondo piano la mobilità degli autoveicoli. Sarà per questo che nella Repubblica di Palermo, fondata sugli slogan, questa norma non è stata “recepita”?

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Cartello posto a margine della carreggiata in alcune strade palermitane
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Cartello di strada a priorità ciclabile del Comune di Mira (VE)

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Indicazione degli estremi dell’ordinanza che ha disposto l’apposizione del cartello a Mira (VE)