Mentre chiediamo perché il porto di Gioia Tauro sia ancora privo di un collegamento ferroviario, pur distando poche centinaia di metri dalla ferrovia tirrenica, e perché il Piano Regolatore Portuale di Augusta sia rimasto tale nonostante i 10 km di banchinamenti previsti, al nord si pensa alla grande. Sappiamo già che a Genova, dove si sta realizzando il “terzo valico”, prevedono di spendere 1,1 miliardi di € per costruire una diga foranea che consenta al porto ligure di accogliere le navi mega-portacontainers provenienti dall’Estremo Oriente.
Ma neanche la parte opposta della “locomotiva” italica è da meno. Ne è prova evidente quanto prevede l’Autorità portuale di Venezia sotto il nome di “VOOPS”, acronimo di “Venice Offshore-Onshore Port System”. L’idea è del prof. Paolo Costa che, quando ricopriva il ruolo di Presidente dell’Autorità Portuale, sponsorizzò un progetto faraonico: un enorme isolotto artificiale da realizzare 20 km al largo della laguna veneta, protetto da una diga foranea lunga 4 km, in grado di ospitare navi mega-portacontainers grazie a fondali ben più profondi di quelli della laguna veneta; dove, a differenza di quanto avviene tranquillamente a Gioia Tauro, queste navi non potrebbero mai entrare. Questo enorme terminal off-shore sarebbe collegato alla terraferma tramite il cosiddetto “Collegamento ferroviario sublagunare”: una galleria ferroviaria posizionata sotto il fondo del mare fino al terminal di Mira/Marghera, lunga “soltanto” 30 km. Ma non certo una galleria normale: per portare a terra il gran numero di container previsti, questo tunnel dovrebbe essere tanto largo da consentire il passaggio di carri porta-containers a due piani.
Sembrerebbe una barzelletta, ma è tutto vero. Il costo complessivo dell’opera, tunnel escluso, è stato computato in 2,2 miliardi di €, come risulta dal progetto definitivo datato 2018. Un progetto la cui sostenibilità appare quanto meno dubbia: innanzitutto dal punto di vista ambientale, trattandosi di smisurate infrastrutture off shore, proprio dirimpetto a quel delicatissimo ecosistema che è la laguna veneta. Eppure, non risulta pervenuta la benché minima protesta di un qualsivoglia ambientalista.
Anche dal punto di vista del ritorno economico l’idea appare a dir poco pretensiosa: come per Genova, gravata da enormi problemi di spazio e logistici, il porto off-shore veneto non avrebbe neanche la più remota possibilità di competere con Rotterdam o Amburgo nel ruolo di terminale europeo della Via della Seta marittima del XXI secolo. Gli scali del “Northern Range”, infatti, si sviluppano su spazi ben più ampi ed usufruiscono di una logistica molto meno macchinosa. Basti pensare al caricamento dei treni speciali con due container sovrapposti, a cui deve necessariamente seguire, in terraferma, una scomposizione degli stessi ed il ricarico su treni ordinari. Un passaggio in più che determinerebbe un aumento dei costi e dei tempi, con la conseguente perdita di competitività della ciclopica piattaforma off-shore.
Tuttavia, la realizzazione del VOOPS è già stata autorizzata dalla Finanziaria 2013, stesso anno del cancellamento del Ponte sullo Stretto di Messina dalle priorità nazionali. Anche se in tempi più recenti l’idea si è un po’ “raffreddata” dopo la sostituzione di Costa al vertice dell’Autorità portuale, quest’ultima ha già predisposto la richiesta di finanziamento per la realizzazione delle opere a terra. L’ex Presidente, peraltro, ha recentemente ricordato che l’intera opera fa parte di una pianificazione già approvata dal CIPE, con tanto di parere favorevole del Consiglio Superiore dei Lavori pubblici e di Valutazione di Impatto Ambientale. Il progetto, per quanto faraonico e di dubbia riuscita, è quindi tuttora in corsa. Ed in tempi di Recovery Fund, c’è da scommettere che sarà fatto più di un tentativo per realizzarlo.