I risultati degli ultimi, ennesimi sopralluoghi effettuati dal Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco presso il Ponte Corleone, grande ammalato della viabilità palermitana, suonano come l’ennesimo allarme, speriamo non inascoltato. Sono elencati in una nota di 5 pagine pervenuta l’11 febbraio scorso al Comune di Palermo.
L’inerzia di chi dovrebbe intervenire e continua a non farlo fa da drammatico contraltare alla serietà con cui i tecnici dei VV.FF. segnalano, elencandoli uno ad uno, gli ammaloramenti della struttura. Segni evidenti di un degrado che si è lasciato progredire per decenni, ed a cui adesso non è più possibile assistere inermi.
Anche perchè quanto abbiamo letto nella relazione sopra citata, ci lascia molto, ma molto preoccupati. E lo diciamo da tecnici. Nel merito, proviamo a selezionare soltanto i più gravi episodi di degrado strutturale che sono stati rilevati nella struttura, e proviamo a farvi comprendere di cosa si tratta:
“1.1 Estradosso carreggiate
– Fessurazione trasversale all’altezza della spalla del ponte che si sviluppa per l’intera carreggiata in uscita direzione CT/ME – PA (diapositiva n.8 dell’allegato 1);
– Fessurazione trasversale in corrispondenza degli appoggi Gerber della porzione centrale dell’impalcato che si sviluppa per l’intera carreggiata (diapositiva n.9 dell’allegato 1); …….”
In pratica, si tratta di fessure che attraversano, da parte a parte, tutta la carreggiata, e che si trovano sia all’altezza di una delle “spalle” del ponte, vale a dire la parte dell’impalcato più vicina all’estremità, che (secondo punto) al centro della stessa. Più avanti si legge:
“1.2 Ponte direzione PA- CT/ME
…..
–Cattiva regimentazione delle acque meteoriche dall’impalcato stradale con pluviali che scaricano, in molti casi, direttamente sui pilastri delle pile ovvero sulle superfici degli archi con conseguente degrado corticale e ammaloramento diffuso (diapositive 14, 16 e 21 dell’allegato 1);“
In parole povere, le tubazioni che dovrebbero allontanare le acque piovane dal ponte, le scaricano invece proprio sulle strutture, al di sotto del piano stradale.
“-Distacco del copriferro con avanzato stato di ossidazione delle armatura longitudinali e rottura delle staffe a carico del pilastro n.1 della pila M (diapositiva 15 dell’allegato 1);“
E’ solo uno dei tanti pilastrini interessati da degrado. Si tratta di quelle piccole pile verticali che scaricano il peso dell’impalcato stradale sui grandi archi sottostanti. Il distacco del copriferro indica la perdita di quello strato di calcestruzzo (in genere 2-3 cm) che ricopre i ferri di armatura, proteggendoli dagli agenti atmosferici: in sua assenza, la ruggine prende il sopravvento, e può arrivare a ridurre drasticamente la sezione delle armature, vale a dire il loro spessore, fino alla rottura. Ed è quello che viene registrato in questo caso: la rottura delle staffe. Elementi, questi ultimi, che collaborano alla resistenza a schiacciamento di queste piccole strutture e che funzionano, in sostanza, come i cerchi di una botte: cosa succede ad una botte piena se questi elementi si rompono?
” – Distacco del copriferro con ossidazione delle armature longitudinali e delle staffe a
carico del 2° arco nel tratto compreso tra la pila H e la pila I (diapositiva 17 dell’allegato 1);”
Attenzione a questo punto: il degrado del ponte non riguarda solo i pilastrini e l’impalcato, ma anche un arco portante; come vedremo, non è il solo. Si tratta, in sostanza, delle parti strutturali più importanti dell’intero ponte, sulle quali si scaricano tutti i carichi in transito sul ponte, oltre al peso del ponte stesso: se collassano, gli effetti non possono che essere disastrosi.
“-1.3 Ponte direzione CT/ME – PA
Dalla verifica visiva è emerso quanto di seguito indicato:
-Distacco localizzato del copriferro della trave longitudinale esterna con ossidazione delle armature longitudinali e delle staffe con rottura di alcune di queste ultime nella faccia inferiore (diapositiva 32 dell’allegato1), con evidente fenomeno di degrado corticale causato da una cattiva regimentazione delle acque pluviali;“
Ancora staffe rotte, questa volta nella carreggiata opposta ed in corrispondenza di una delle travi portanti dell’implacato. In questo caso, a risentirne è la resistenza agli sforzi “di taglio” quelli, per intenderci, che tendono a far scorrere due sezioni contigue di una trave in direzioni opposte: una verso l’alto, l’altra verso il basso, “tagliando” in due la trave.
“– Avanzato fenomeno di degrado corticale, determinato da una cattiva regimentazione delle acque meteoriche, a carico del pilastro n. 12 della pila H e dell’arco n. 6 (diapositiva 36 dell’allegato 1)
…….
Distacco del copriferro con ossidazione delle armature inferiori della trave longitudinale relativa all’impalcato compreso tra le pile H e G; anche in questo caso è evidente il fenomeno di dilavamento delle acque meteoriche a carico della trave longitudinale (ove si è verificato il distacco di copriferro) e l’arco n. 6 (diapositiva 38 dell’allegato 1);
–Il dilavamento a carico della intradosso dell’arco n. 6 per buona parte del suo sviluppo è ancora più evidente dall’analisi della diapositiva n. 39 dell’allegato 1;
–Distacco del copriferro di una porzione dell’intradosso del 4° arco con evidente ed
avanzato stato di ossidazione delle armature longitudinali e trasversali; analogo
fenomeno è presente anche in prossimità della sezione d’incastro dello stesso arco
(diapositiva 24 dell’allegato 1);
–Distacco localizzato del copriferro con ossidazione dell’armatura a carico dell’arco n. 6, nella sezione d’incastro (diapositiva 34 dell’allegato 3);
Nella superficie laterale esterna dell’arco n. 6 è possibile apprezzare una delle tracce, di probabile trafilamento d’acqua proveniente dall’interno della sezione cava dell’arco parabolico n. 6. Si sottolinea in proposito che tale fenomeno, di particolare rilevanza tecnica, è stato già riscontrato ed evidenziato dal prof. ing. Palizzolo nell’ambito dello studio di consulenza effettuato nel settembre del 2004 (diapositiva 29 dell’allegato 1).“
Mali antichi, quindi, di almeno 16 anni, e che riguardano, ancora una volta, gli archi portanti (vedi sopra). Da quanto leggiamo, questo arco 6 non sembra messo affatto bene: dilavamento da acque piovane, armature ossidate e addirittura, a quanto leggiamo, acqua he dall’interno dell’arco stesso (a sezione cava) perviene all’esterno! Il fenomeno, non soltanto è gravissimo, come sottolinea la stessa relazione, ma antico, essendo noto dal lontano 2004. Ma come abbiamo visto sopra, preoccupano e non poco anche le condizioni degli archi 4 e 2.
Quelli che abbiamo elencato sono solo i più dignificativi dei 25 punti in cui vengono riassunti i punti di degrado più allarmanti del ponte Corleone. Al termine della nota, non potevano che arrivare, laconiche, le prescrizioni. Oltre ad una “analisi tecnica approfondita dell’opera ” propedeutica a certificarne le condizioni, i tecnici dei VV.FF. concludono che
“…si ritiene necessario procedere, con carattere d’urgenza, a:
1. precludere il transito ai veicoli aventi massa complessiva superiore a 27 tonnellate come indicato nel certificato del prof. Palizzolo del settembre 2004 mantenendo il limite di velocità pari a 30 km/h previsto nell’Ordinanza Dirigenziale n. 294 del 24/02/2005 e dalla segnaletica verticale già in essere, evidenziando che tali condizioni dovranno essere oggetto di idonee misure di vigilanza, da chi di dovere, che ne assicurino, in ogni tempo, la corretta e costante attuazione;
2. interdire le corsie esterne, adiacenti ai marciapiedi di ogni carreggiata, consentendo il traffico veicolare sulle due restanti corsie per ogni senso di marcia;
3. interdire l’uso dei marciapiedi nelle more che venga effettuato il ripristino della rete metallica di protezione e la rimozione delle porzioni di lamiere non vincolate;
4. controllare su entrambe le carreggiate le condizioni di corretto ancoraggio delle scossaline longitudinali di estremità della soletta dell’impalcato.“
Ci domandiamo: basteranno queste prescrizioni, tutte volte ad evitare sollecitazioni troppo forti per le malridotte strutture del ponte, nonchè a irreggimentare le acque piovane che, come abbiamo letto, le irrorano indisturbate? Noi non ci mettiamo le mani sul fuoco. Ed invitiamo, ancora una volta, chi di dovere ad intervenire, anche con decisioni drastiche.
Non sarebbe il caso, ad esempio, invece di firmare protocolli d’intesa con altri enti, che lasciano invariati i tempi pachidermici dei procedimenti, ad intervenire d’urgenza per ripristinare, quanto meno, le armature ammalorate, rotte o distaccate? Sostituirle con elementi (tiranti) di rinforzo esterni, come si fa in questi casi? Siamo sicuri che si possa ancora aspettare? Dove sono finite le procedure d’urgenza previste nel Codice degli Appalti, esattamente all’art. 163 (“Procedure in caso di somma urgenza e di protezione civile”)? Sussistono o no le condizioni di cui al comma 1?
Leggiamolo insieme: “In circostanze di somma urgenza che non consentono alcun indugio, il soggetto fra il responsabile del procedimento e il tecnico dell’amministrazione competente che si reca prima sul luogo, puo’ disporre, contemporaneamente alla redazione del verbale, in cui sono indicati i motivi dello stato di urgenza, le cause che lo hanno provocato e i lavori necessari per rimuoverlo, la immediata esecuzione dei lavori entro il limite di 200.000 euro o di quanto indispensabile per rimuovere lo stato di pregiudizio alla pubblica ((e privata)) incolumita’.“
In ultimo, per favore, non ci si venga a raccontare che non ci sono i soldi od altre scuse simili: quelli si trovano anche per cose molto, ma molto meno urgenti.


[ Immagine del Ponte Corleone tratta da Blogsicilia]