DECISIONI CONTRADDITORIE DEI GIUDICI AMMINISTRATIVI. MA LE OPERE SONO LE STESSE: IL CASO DEI PORTI DI GENOVA E CATANIA

 

Se per Genova un’opera pubblica non è rinviabile, per Catania la stessa opera lo è. Parliamo della realizzazione della diga foranea di Genova, da una parte, e del consolidamento e rafforzamento di quella di Catania, dall’altra. Strutture indispensabile a garantire la funzionalità di qualsiasi porto, figuriamoci se parliamo di porti commerciali, oltre che passeggeri.

Ma per i TAR delle due città non è così. Se in entrambi i casi le procedure di gara hanno prodotto (come capita spessissimo) il ricorso della seconda classificata, diversa è stata la valutazione sulla concessione di “sospensiva” da parte dei tribunali amministrativi delle due città: si tratta di quel provvedimento che blocca qualsiasi azione amministrativa prima che si arrivi al giudizio di merito.

Per il TAR di Genova, infatti, “la complessità e la rilevanza (oltre che la novità di alcune) delle questioni sollevate con il ricorso non consentono una definizione del giudizio in esito all’udienza cautelare” e, pertanto, ha rinviato alla sentenza di merito qualsiasi decisione. Nel frattempo, però, ha consentito di procedere comunque alla firma del contratto, per non ritardare troppo l’inizio dei lavori, finanziati per 950 milioni di euro nell’ambito del PNRR.

Invece, a Catania, i colleghi giudici si sono espressi in maniera diametralmente opposta sull’appalto relativo alla stessa struttura portuale, ma per soli 60 milioni di euro, anch’esso  finanziato dal fondo complementare del PNRR, concedendo la “sospensiva”. Tutto bloccato fino al giudizio di merito.

Eppure proprio le opere portuali sarebbero un formidabile strumento per risollevare le sorti del meridione. In particolare, il porto di Catania insieme a quello di Augusta costituiscono  un Polo infrastrutturale già sottoposto alla governante di un’unica Autorità portuale, che potrebbe avere un ruolo fondamentale nel traffico merci a livello europeo: basti pensare che si trova al centro del mar Mediterraneo, interessato dal 25% del traffico mondiale di containers.

Inoltre, lo scalo catanese può usufruire di un Interporto quello di Bicocca già operativo ed in via di potenziamento, che nonostante l’assenza di un collegamento stabile sullo Stretto attesta diversi treni la settimana da e verso lo scalo di Marcianise, a sua volta collegato con il nord Italia.

Tuttavia, le decisioni dei TAR di cui sopra sembrano ispirate ai classici “due pesi e due misure” nel confronto tra sud e nord, a favore di quest’ultimo. Peccato che il PNRR sia uno solo, e che il suo scopo principale sia il riequilibrio del divario esistente tra le due metà del Paese.

Ma la logica del doppiopesismo non riguarda solo la portualità. Al sud le principali opere che stanno prendendo la via della fase realizzativa sono quelle già programmate e persino progettate prima dell’arrivo dei fondi europei post-Covid. Parliamo dell’asse ferroviario Palermo – Messina Catania e della Napoli-Bari, ferrovie che, peraltro, non saranno ad Alta velocità. E che per la data fatidica del 2026 non saranno ancora interamente percorribili.

Ma c’è di peggio: per quanto concerne la fondamentale Salerno – Reggio Calabria ferroviaria, per il 2026 sarà pronto soltanto un tratto pari a 32 km su 450. Di Ponte sullo Stretto se ne parla soltanto essendo tornato, fortunatamente, ad essere considerato una priorità per il Governo. Ma non è stato inserito, inopinatamente, nel PNRR e la procedura per la realizzazione dell’Opera è attualmente impantanata tra le pastoie legali di una serie di cause e contenziosi instaurate tra ente appaltante, imprese appaltatrici e Stato dopo la “caducazione” del contratto di appalto, nel 2012.

In sintesi, quindi, un quadro poco rassicurante per il sud: non soltanto le opere del PNRR sono meno prioritarie se sono situate a sud, ma alla scadenza del 2026 ben poche vedranno la luce nella loro interezza. Comprese, probabilmente, le importantissime opere portuali.