NESSUN PERICOLO PER “FLORIOPOLI” A CAUSA DEL RADDOPPIO FERROVIARIO, VI SPIEGHIAMO PERCHE’ – LA REGIONE CONTRASTI LE LAMENTELE PRETESTUOSE, ANZICHE’ SUPPORTARLE
A leggere i titoli di alcuni giornali ci sembrava che le storiche tribune di Cerda stessero per essere spazzate via dal raddoppio ferroviario tra Palermo e Catania. Frasi del tipo “Floriopoli è da salvare” da quello che è stato definito “l’ennesimo scempio di cemento” non lasciano molto spazio all’immaginazione. Conoscendo le aberrazioni della dialettica nazionale e, soprattutto, della politica locale, siamo andati a vedere come realmente stanno le cose, attingendo all’unica fonte certa e credibile: le carte progettuali.
Ve le proponiamo, evidenziando la posizione del raddoppio della tratta ferroviaria Fiumetorto-Lercara diramazione (altri dettagli in un nostro precedente articolo) e delle opere annesse, comprese quelle relative alla soppressione del passaggio a livello sulla SS113, situato a ridosso della stazione di Cerda. Opere che, con tutta evidenza, non intaccano per nulla Floriopoli, in nessuna delle sue componenti: tribune, box e torre cronometristi. Tutte cose che abbiamo evidenziato nelle planimetrie seguenti, dove appaiono ben lontane non soltanto dalla ferrovia, ma anche dalla rotatoria che sarà inserita all’incrocio tra la SS 113 e la SS 120 e dalle sue rampe di accesso.
L’intervento, peraltro, rappresenta una sostanziale razionalizzazione della rete viaria regionale, interessando le due statali 113 e 120 che collegano le due estremità est ed ovest della Sicilia. Come si può apprezzare dale tracce in bianco sul territorio, sono previste due rotatorie collegate da un viadotto, lungo circa 650 metri, che scavalca sia il fiume Torto che la ferrovia. Quest’ultima, in questo punto, rimarrà in sede, con il semplice affiancamento di un nuovo binario.


Terremo forse più allo sviluppo infrastrutturale piuttosto che ad altri aspetti, ma non ci sembra di cogliere nè colate di cemento nè, come dicevamo prima, la paventata distruzione di Floriopoli. In realtà ci sembra di poter sottoscrivere quanto si è affrettata a dichiarare RFI, che ha in effetti ragione di temere uno stop al progetto. Quando si usano certi termini e si organizzano, addirittura, petizioni on line (si, è successo anche questo) non c’è da stare tranquilli.
In effetti, la storia delle ferrovie, soprattutto in Sicilia, è piena di veti che hanno compromesso per decenni, e spesso per sempre, la realizzazione di nuove opere: tutti ricordano il caso del raddoppio della Messina-Catania, appaltato solo l’anno scorso dopo la bocciatura del progetto redatto nei primi anni duemila, ad opera di alcuni minuscoli comuni in cui, disgraziatamente, ricadeva parte del tracciato: un “no” che ha causato la perdita del finanziamento già assegnato e rimandato il raddoppio di almeno vent’anni.
Così come non è certo un buon segno il “risveglio” improvviso del comune di Enna, il cui consiglio comunale ha protestato per l’ubicazione della stazione ferroviaria, sempre sulla futura linea Palermo-Catania raddoppiata, ben distante dal centro abitato. Peccato che il progetto definitivo della linea, proprio nella tratta Dittaino-Enna, sia stato già approvato (ne abbiamo parlato recentemente in questo sito). E che la stazione di Enna, da quando la ferrovia esiste, ovvero da 160 anni, sia sempre stata lontana dalla città. La quale, essendo il capoluogo più alto d’Italia, risulta pressochè irraggiungibile da una qualsiasi strada ferrata…
Ma, soprattutto, desta sorpresa l’atteggiamento della Regione siciliana: va bene essere attenti al territorio ed alle esigenze locali, ma senza dimenticare l’interesse collettivo. Non è certo il caso di mandare all’aria miliardi di investimenti per questioni a dir poco pretestuose che, invece, proprio la Regione dovrebbe gestire con l’autorevolezza che il ruolo le impone. Soprattutto quando, nello stesso tempo, gli stessi governanti regionali lamentano l’arretratezza delle infrastrutture di competenza statale (anche a carico della rete stradale ANAS) chiedendo interventi urgenti per riammodernarle.
Al di là degli equilibrismi politici, quella che rischia di più, in situazioni come questa, è la regione, intesa come collettività siciliana: senza 30 km di raddoppio, peraltro in comune alla Palermo-Agrigento, tutta l’opera perde di significato, perchè rimarrebbe impossibile dare continuità ai vantaggi che il raddoppio consente. Niente aumento di capacità, grazie al raddoppio del binario, ma neanche di velocità, che con l’attuale infrastruttura ottocentesca rimarrebbe ancorata al limite dei 70 km/h (qui un nostro filmato) attualmente vigente in buona parte del tracciato.
Ma non solo: si pensi al traffico merci, fondamentale per un corridoio TEN-T quale è la Palermo-Catania, che anche un solo chilometro mancante di raddoppio renderebbe impossibile secondo i moderni standard di sagoma e di lunghezza dei convogli. Mandando all’aria i bei discorsi “green” sul trasferimento delle merci dalla gomma al ferro.
Insomma, un possibile disastro che si sta, purtroppo, sinistramente materializzando.

