Il quadro infrastrutturale ferroviario evidenzia una pericolosa marginalità della Sicilia nord-occidentale
La marginalizzazione della Sicilia nord-Occidentale è in atto, ma i cittadini non se ne stanno accorgendo. Né loro né, tanto meno, quelli che dovrebbero farlo per obbligo istituzionale: i loro rappresentanti. Spieghiamolo con i numeri che, a differenza dei politici, non mentono mai.
Sappiamo già che il percorso più breve tra Palermo e Messina, è quello che segue la linea di costa tirrenica: l’itinerario ferroviario diretto è lungo 220 km. L’asse individuato per il collegamento ad alta capacità (non Alta Velocità) Messina-Catania-Palermo (QUI nostro tutorial video con quasi 8000 visualizzazioni) nell’ambito del corridoio Helsinki-La Valletta, ed a cui si lavora con cantieri aperti praticamente in tutti i lotti, percorre invece una linea spezzata che dalla città dello Stretto raggiunge prima Catania, puntando verso sud; poi Enna e Caltanissetta, curvando decisamente ad ovest; poi ritorna lungo la linea costiera tirrenica dirigendosi a nord; in ultimo, ancora ad ovest pervenendo a Palermo. Il risultato di questo zig-zag è una gimkana di circa 330 km (vedi figura di copertina): 110 in più rispetto al vecchio percorso tirrenico.
Si dirà: poco male, la nuova linea è “veloce”. Ma anche in questo caso i numeri parlano chiaro: il percorso più veloce per andare da Palermo a Roma, è comunque l’itinerario tirrenico. E sarebbe più conveniente persino se al suo interno rimanessero a binario unico i residui 86 km (tra Castelbuono e Patti) che rimarranno da raddoppiare una volta completati i lavori attualmente in corso tra Cefalù e Castelbuono per dotare la linea di un secondo binario.
Anche con il Ponte il continente più lontano di due ore rispetto a Catania
In tali condizioni, nell’ipotesi di realizzazione del Ponte sullo Stretto, chi scrive ha calcolato che basterebbero 5 ore e 30 minuti per andare da Palermo a Roma. Di queste, meno di due tra Palermo e Messina. Tempo che si abbasserebbe ulteriormente con il raddoppio della linea, con tempi di percorrenza complessivi molto prossimi alle cinque ore.
In un recente studio, in cui consideravo l’itinerario attualmente in costruzione nell’ambito del corridoio europeo AC, ho individuato in 6 ore e 30’ il tempo di percorrenza tra capoluogo siciliano e capitale. Ben due ore in più rispetto alla futura percorrenza per Roma da Catania: un tempo che comunque possono renderebbe competitivo il trasporto ferroviario con quello aereo, ma non quanto si potrebbe: i voli manterrebbero una forte preponderanza rispetto ai viaggi su ferro, grazie alle loro 4h30 minuti di percorrenza reale. E sarebbero minori gli effetti di questa competitività sulla riduzione dell’impatto ambientale, in termini di emissioni di CO2.
In ogni caso, la Sicilia occidentale si troverebbe sensibilmente marginalizzata rispetto alla parte orientale dell’isola. La quale potrebbe instaurare sinergie economiche e commerciali molto più proficue con l’Italia meridionale e la Calabria in particolare. Basti pensare al riavvicinamento di Catania a Messina, e di quest’ultima con Reggio Calabria: grazie alla nuova ferrovia ed al Ponte, entrambe le distanze si ridurrebbero a 30 minuti al massimo. Meno del tempo che occorre per andare dal centro di Palermo al suo aeroporto.
L’errore di rinunciare alla linea tirrenica
Palermo, invece, con la rinuncia al potenziamento della linea tirrenica, perde l’occasione di portarsi ad un’ora di distanza da Messina e dal continente. Inoltre, rimarrebbe tagliata fuori dalla principale direttrice ferroviaria la stessa costa tirrenica che ospita centri popolosi ed importanti, per vivacità produttiva e potenzialità turistiche: si pensi a Capo d’Orlando, S. Agata di Militello, s. Stefano di Camastra, Cefalù.
Verrebbe da chiedersi come mai, a suo tempo, si decise lo spostamento del corridoio Berlino-Palermo nell’attuale Helsinki-La Valletta. Che oltre al prolungamento alle due estremità e la diramazione verso Bari, propiziata da efficaci spinte politiche, ha prodotto un poco comprensibile abbandono dell’itinerario tirrenico a favore di una linea che, per arrivare al capoluogo di regione, percorre la parte interna della Sicilia senza toccare nessun centro abitato tra Catenanuova e Termini Imerese, lungo 170km di ridente campagna e nulla più.
Una beffa per Caltanissetta ed Enna, ma anche per le merci
Forse non ci hanno fatto caso i geniali ideatori di questo tracciato, ma tale linea non toccherà neanche le città di Caltanissetta ed Enna, le cui stazioni d riferimento lungo la ferrovia TEN-T si troveranno rispettivamente a 5 ed 8 km di distanza. Ed i cui cittadini scopriranno, disilludendosi, di non avere l’alta velocità sotto casa, come era stato loro promesso. Anche perché la linea, ricordiamolo ancora una volta, non è ad Alta velocità ma ad Alta Capacità.
Fatta cioè per treni merci lunghi fino a 600 metri che, per raggiungere il continente dalla Sicilia occidentale, dovranno prima salire fino ai 450 metri di quota di Enna, per poi ridiscendere attraverso un tracciato che presenta lunghi tratti con pendenze relativamente alte, raggiungibili grazie ad una sorta di “deroga” alle prescrizioni europee: 18 anziché 12 per mille. Abbiamo già detto dei 110 km di lunghezza in più rispetto al tracciato che percorre la costa tirrenica, mantenendo una quota pressochè costante e non dando luogo, pertanto a lunghi tratti in pendenza.
A questo punto, non resta che insistere per il riammodernamento di quest’ultimo itinerario, completando il raddoppio degli 86 km rimanenti, dato che il guaio ormai è fatto. RFI ha già preannunciato la progettazione di fattibilità, nella speranza che i politici, in particolar modo quelli della Sicilia occidentale, comprendano l’importanza di questo intervento. Non per campanilismo, ma per evitare che il proprio territorio si riduca ad un’appendice povera di una futura Sicilia finalmente rilanciata, lo speriamo vivamente, verso un relativo benessere.