PONTE SULLO STRETTO, INFRASTRUTTURA INDISPENSABILE PER I COLLEGAMENTI FERROVIARI SICILIA-CONTINENTE
In un recente intervento sul “Quotidiano di Sicilia” i professori Massimo Di Gangi, dell’ateneo di Messina, e Francesco Russo, di Reggio Calabria hanno spiegato come si potrebbero ridurre i tempi di percorrenza in treno tra la Sicilia ed il Continente senza bisogno del Ponte sullo Stretto. Sfidando coraggiosamente il ragionamento circolare che, per decenni, ha lasciato inalterata la marginalizzazione di Sicilia e Calabria: “non serve il Ponte per arrivare rapidamente in Sicilia” – secondo alcuni –; “senza Ponte non ha senso realizzare l’AV in Calabria” – secondo gli altri.
Ma, come dissero Buridano, Leibniz e Voltaire, se non si sceglie il mucchio di fieno da mangiare, l’asino muore. Come rischia di accadere. Secondo Di Gangi e Russo conviene scegliere il fieno calabrese e riesumano la vecchia idea, tanto cara al Ministro Cancelleri: utilizzare Frecce di lunghezza ridotta, capaci di entrare in un traghetto senza essere scomposte e ricomposte. Nello studio dei due professori non si evince se questi treni – con meno passeggeri ma (ci mancherebbe!) a parità di costo del biglietto – siano economicamente redditizi per il gestore. Però ridurrebbero il tempo di traghettamento da 1h 55’ a soli 55’. Invece dei 5’ del Ponte.
Il grande Cancelleri aveva annunciato questa trovata nel settembre del 2021, quando promise dodici nuovi “mini” Frecciarossa per collegare il Continente alla Sicilia. Unitamente all’immancabile “..ampio programma di rinnovamento del naviglio e delle infrastrutture portuali e ferroviarie di Messina, Villa San Giovanni e Reggio Calabria” (Articolo su Ferrovie.it). Il tutto entro due anni. Che stanno per scadere mentre il povero asino continua a dimagrire. Ma siamo sicuri che basta produrre treni “bonsai” e rinnovare le stazioni e gli approdi di Messina e Villa per accorciare in modo sostanziale i tempi di collegamento tra Roma e la Sicilia?
Per accogliere i passeggeri che da Palermo, Siracusa, Catania e Messina andavano a Roma e Milano, la mitica Freccia del Sud – negli anni ’50 e ’60 – arrivò ad avere 19 carrozze. Possibile che, mezzo secolo dopo, ne bastino 4?
Ammettiamo pure che l’idea di Russo e Di Gangi venga realizzata. Come gli stessi professori ci spiegano, i tempi di percorrenza tra la Sicilia ed il continente sarebbero ridotti nel modo seguente:
- La tratta Palermo-Roma sarebbe coperta in 7 ore e 56 minuti (a fronte delle attuali 11h 38’).
- La tratta Catania-Roma sarebbe coperta in a 6 ore e 21 minuti (a fronte delle attuali 9h 53’)
- Da Messina a Roma il tempo si ridurrebbe a 5 ore e 26 minuti(contro le attuali 8h 24’).
Riduzioni dei tempi senza dubbio rilevanti, ma molto meno decisive di quanto si vorrebbe far credere. Il rilancio del vettore ferroviario, infatti, non è un obiettivo fine a se stesso, ma va inserito in un contesto di riequilibrio delle modalità di trasporto. Per passeggeri e merci. Occorre renderlo competitivo con gli altri vettori che il mercato mette a disposizione dell’utente siciliano: il gommato e l’aereo. Seguiamo la strada indicata da Di Gangi e Russo e occupiamoci solo del secondo.
Nel 2019 avevamo stimato il tempo di viaggio effettivo dal centro di Catania al centro di Roma in 4h13’, mentre da Palermo a Roma occorerebbero 4h 38’.
E’ evidente che i Frecciarossa targati Di Gangi e Russo sono troppo lenti per essere competitivi con l’aereo, ma ipotizziamo che lo siano e riescano a “catturare” il 30% del traffico aereo. Molto meno di quanto accade sulla MI-RM, dove le Frecce trasportano oltre il 70% dei viaggiatori. I primi ad augurarselo dovrebbero essere gli ambientalisti, proprio quelli che non vogliono il Ponte ma, evidentemente, gli aerei che servono la Sicilia non inquinano come gli altri.
Consideriamo la tratta aerea Catania–Roma (la Palermo-Roma fa numeri del tutto assimilabili) che trasporta circa 2 milioni di passeggeri l’anno nei due sensi; in questa ipotesi prudenziale, i potenziali utenti in ognuna delle due direzione sarebbero, a conti fatti, oltre 800 al giorno. Equamente distribuiti per tutti i 365 giorni dell’anno. Occorrerebbero quindi 4 Frecciarossa bonsai (220 posti) al giorno ed il treno sarebbe praticamente al completo da Messina in su.
Col Ponte, basterebbero 2 Frecciarossa “normali” (8 carrozze, 450 posti per convoglio), che consentirebbero di offrire posto anche ai viaggiatori provenienti da Reggio Calabria.
Ma nell’articolo sopra citato, sostenevamo che con la realizzazione del Ponte sullo Stretto e pochi interventi di velocizzazione sulla linea costiera e due sole fermate intermedie, a Messina e Napoli, la percorrenza, nei collegamenti verso Roma, sarebbe stata di 3h40’ da Messina, 4h20’da Catania e 5h 30’ da Palermo. Se, poi, si raddoppia la Patti-Castelbuono, si viaggerebbe da una capitale all’altra (Palermo e Roma) in 5h 05’: appena 27 minuti in più rispetto allo stesso spostamento effettuato in aereo, da centro a centro città.
Mentre dal centro di Catania il treno raggiungerebbe il centro di Roma praticamente nello stesso tempo del corrispondente spostamento in aereo (a meno di 7 minuti soltanto). Numeri che renderebbero il treno ampiamente preferibile rispetto all’aereo, consentendo ai viaggiatori di rimanere sempre sullo stesso mezzo di trasporto per tutto il tragitto, senza lo stress delle code agli imbarchi e dei continui spostamenti, bagagli al seguito. In tali condizioni è facile ipotizzare un trasferimento di utenti dall’aereo al treno ben superiore alla percentuale del 30% che avevamo ipotizzato sopra, risolvendo altri due problemi:
- L’attuale condizione di sostanziale monopolio del trasporto aereo dei passeggeri tra la Sicilia ed il continente che costringe i siciliani ad accettare le tariffe imposte dalle poche compagnie operanti su queste tratte.
- Le emissioni di gas climalteranti, che nel caso del vettore aereo, sono le più alte prodotte per passeggero trasportato, peraltro ad alta quota. Un problema talmente sentito su scala europea da rendere necessaria la riduzione drastica dei voli interni a favore del treno, laddove possibile, in paesi come Francia e Svezia.
Diciamolo chiaramente: rinunciare al Ponte e spendere almeno una ventina di miliardi per velocizzare la NA-RC non trova giustificazioni logiche, ma solo “utilità” politiche: evitare di scontentare chi preferisce far scappare siciliani e calabresi pur di non fare il Ponte.
Come chiosa finale, aggiungiamo un aspetto molto sottovalutato da chi commenta, senza conoscerle, le attuali modalità di attraversamento ferroviario dello Stretto: la sicurezza del traghettamento dei convogli ferroviari, stipati sul ponte di una nave in condizioni a dir poco discutibili per quanto concerne l’accessibilità alle vie di fuga da parte dei passeggeri, in caso di incidente. In condizioni del tutto simili a 50 anni fa, quando ben altre erano le normative di sicurezza e la tolleranza rispetto ai rischi che, indubbiamente, incontra chi va per mare.
Un argomento già oggetto di un esposto di Rete Civica per le Infrastrutture, rimasto senza esito ed incredibilmente ignorato dai professori Russo e Di Gangi.

