Con uno studio comparso ieri su Repubblica si nega quanto emerge dalle analisi dello SVIMEZ e non solo, sul diverso trattamento tra nord e sud, a svantaggio di quest’ultimo per un valore di ben 60 miliardi l’anno, riguardo la distribuzione di risorse da parte del governo centrale. Una situazione, in verità, già stigmatizzata dalla UE, ma che l’articolo di Repubblica nega, portando a suo supporto dati e cifre.

Sullo studio e quanto in esso si sostiene, abbiamo ricevuto il contributo dell’ing. Giovanni Mollica, un tecnico che può vantare una lunga carriera nella R&S della Ericsson sia nelle sedi di Roma che in quelle di Stoccolma e che è stato armatore in Canada, sul Lago Ontario. Appassionato di Trasporti, ha collaborato con Eurolink, General Contractor per il Ponte sullo Stretto.

Ringraziamo l’ing. Mollica per la cortese collaborazione.



L’esperienza degli ultimi anni dimostra che oltre ad essere capziosamente ignorata la funzi

one per equatrice dello Stato, prevista dalla Costituzione, viene accettato

incondizionatamente il principio secondo il qu

ale è giusto e inevitabile che vi sia una maggiore e migliore erogazione di servizi pubblici dove la domanda è quantitativamente e qualitativamente più forte. In altre parole, si avalla quanto verbalizzato da quella parlamentare del Pd che sosteneva: se non ci sono asili nido a Reggio Calabria vuol dire che la gente non

li vuole. Mica possiamo obbligarli. Viene così confermata

la visione neo-liberista che tanti danni ha generato nel mondo negli ultimi decenni.

 
 

In particolare, le considerazioni sugli investimenti della PA allargata producono risultati paradossali: giusta una terza e quarta corsia sulla MI-TO e inutile l’autostrada ME-PA perché nella prima passano 1000 auto l’ora e nella seconda 10. Oppure, non mettiamo la fibra nella rete delle telecomunicazioni meridionale perché sono poche le aziende che la potranno utilizzare. In altre parole, il gap Nord Sud viene non solo giustificato ma va aumentato.

 

Ma c’è anche un altra osservazione generale da fare, che ridicolizza l’impostazione culturale dello studio. La differenza di costo della vita innegabilmente esistente tra Nord e Sud è conseguenza della diversa domanda, non di una diversa qualità dei prodotti offerti. In altre parole, un appartamento e un kg di carne costano più a Milano che a Palermo perché le compravendite immobiliari e la quantità di carne venduta sono molto maggiori nella prima città che nella seconda.

Non perché la carne lombarda è più buona. Considerare questo fatto una ragione per penalizzare chi vive a sud – proponendo che stipendi, pensioni, servizi, ecc debbano tenere conto del gap ed essere maggiori dove la vita costa di più – è non solo iniquo ma anche eticamente patetico ed economicamente controproducente. Se si vogliono stimolare i consumi interni, la domanda (capacità di spesa) va stimolata, non ridotta. È proprio questa visione a essere all’origine del disastro dell’economia italiana (e non solo) perché si è tradotta in una politica di investimenti e fiscale che ha portato una parte rilevante del Paese a non produrre e non consumare.

 

Pensate all’aspetto fiscale: la riduzione indiscriminata del cuneo fiscale, astrattamente utile a tutti, comporta un incremento di risorse disponibili nelle aree dove è maggiore la densità delle imprese. Mi fermo, ma è chiaro che il problema è sempre lo stesso e non lo si vuole risolvere.

 

Giovanni Mollica