ANNUNCIATA LA POSA DEL PRIMO CASSONE, POI SI SCOPRE CHE NON E’ MAI AVVENUTA. LE PREOCCUPAZIONI, NON DA POCO, DI PIERO SILVA

Proprio ieri abbiamo dato la notizia del primo cassone della nuova diga foranea di Genova posizionato, ovvero “affondato” sul fondo del mar Ligure, di fronte a al porto.  Il sito www.shippingitaly.it riferisce che le cose non sono andate proprio così: la cerimonia organizzata dall’Autorità di sistema portuale di Genova e dall’appaltatore Pergenova Breakwater per l’occasione, si è conclusa a sorpresa senza la posa.

Prodotto a Vado Ligure, il cassone era regolarmente arrivato in mattinata al traino del rimorchiatore Gianemilio C di Oromare. Rimasto a galleggiare grossomodo nel luogo del previsto affondamento mentre a Palazzo San Giorgio si seguivano gli interventi degli invitati, al termine di questi il modulo di cemento ha però ripreso il largo. Il sito riferisce che il cassone è adesso fermo davanti a Genova Sampierdarena.

Nessuna spiegazione ufficiale è pervenuta dagli organizzatori. Solo Giorgio Bellipanni, manager di Fincantieri (parte di Pergenova), pressato dai cronisti liquidati senza spiegazioni della posa rinviata, riferisce che “la causa è il maltempo”; a Genova, tuttavia, il maltempo non era poi così problematico: venti deboli, mare mosso-poco mosso, recita Arpal. Altra fonte, ugualmente autorevole ma gelosa dell’anonimato, ha spiega a shippingitaly.it che “il problema è lo scanno (il basamento su cui poggerà il cassone, ndr): non è consolidato, fermo; serve quindi mare piatto per procedere pianissimo”. Si riproverà, quindi, oggi, mentre vi scriviamo.

A completare il quadro i nuovi deflagranti numeri sugli effetti dell’opera sciorinati dal viceministro Edoardo Rixi: “La realizzazione della diga permetterà un incremento stimato tra 2 e 3 milioni di Teu per Genova e altri 2 milioni di Teu per i porti del Nord Tirreno” (di fatto un +100%) ha affermato il numero due del Mit, facendo strame delle già rosee previsioni che accompagnarono l’opera in epoca di dibattito pubblico (peraltro già ben ridimensionate dall’Adsp in più occasioni) e in apparente contraddizione con la successiva affermazione che “l’analisi del traffico ha stimato la possibilità di attrarre una linea di servizio diretto con i porti del Far East, operata con navi ultra-large da oltre 18.000 Teu, dedicata a traffici con origine o destinazione verso le aree in pianura padana, in particolare Piemonte e Lombardia, e parte della Svizzera” con “una stima di 48 toccate” (cioè ben che vada 250-300mila Teu in più l’anno).

Già da alcune settimane il porto di Genova ha peraltro iniziato a ospitare regolarmente (al terminal Psa Genova Pra’) una linea da e per l’Estremo Oriente operata con navi da 20.000 Teu.

Intanto Piero Silva torna a parlare della diga… 

In vista dell’imminente posa del primo cassone in assenza di garanzie geotecniche (un’apposita celebrazione è prevista per venerdì 24 maggio) torna a pronunciarsi l’ingegner Piero Silva con un’intervista rilasciata a SHIPPINGITALY. Silva, per la cronaca, è ingegnere idraulico nonchè docente di pianificazione portuale all’Esitc di Caen, ma soprattutto l’ex direttore tecnico di Rina Consulting, incaricata del ruolo di Pmc (Project Management Consulting)  dimessosi due anni fa per il diniego di Paolo Emilio Signorini (presidente dell’Autorità Portuale, oggi in carcere per corruzione nell’inchiesta che ha portato ai domiciliari il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti) e Marco Bucci (sindaco di Genova) di ascoltarne l’allarme su tempi e fattibilità geotecnica del progetto. Di seguito, l’intervista rilasciata a Shippingitaly.

Cosa ne pensa Ing. Silva della posa del primo cassone, ora che l’Autorità portuale ha ammesso avverrà senza aver completato i test di tenuta dei fondali?

La situazione è preoccupante. Malgrado gli innumerevoli segnali di problemi, si continua a non mettere le carte sul tavolo e a giocare col fuoco. Mai e poi mai si inizia a costruire un’opera marittima senza aver concluso positivamente le verifiche geotecniche.”

Cosa si rischia per l’instabilità dei fondali?

Il collasso geotecnico: il crollo cioè dell’opera, che rischia di provocare un’onda lunga (dell’ordine dei 150 secondi) con conseguenze potenzialmente devastanti. Ci sono casi noti in letteratura, in primis quelli di Nizza del 1979, che fece anche diverse vittime, o Sibari nel 1977, il cui piccolo scalo fu fortemente danneggiato. Figurarsi cosa accadrebbe nel primo porto italiano.

Uno scenario e un rischio in qualche modo ancora evitabile?

Se proprio non ci si vuole fermare e ripensare il progetto, il minimo è evitare di demolire la diga vecchia prima che la nuova non sia sottoposta a una mareggiata importante, il più valido dei test. Ma è chiaro che si tratterebbe d’un ripiego, che non risolve il rischio di realizzare un’opera costosissima, inutile e con tempi molto più lunghi di quelli che si propagandano.”

Si potrebbe invece ancora fare qualcos’altro?

Certo, anzi sarebbe doveroso! L’attuale progetto continua a esser propugnato senza vere ragioni tecniche, nell’incredulità dei maggiori esperti europei, dato che si potrebbe migliorare l’accessibilità nautica al porto con una diga realizzata su fondali meno profondi e più stabili. Bucci e Signorini hanno sempre opposto come pretesto il vincolo della Soprintendenza su 200 metri della diga esistente. Ma nessuno ha mai provato a discutere con quest’ente, in altre occasioni sensibile alle ragioni di porto e città, i vantaggi che il progetto alternativo garantirebbe a fronte del sacrificio del mantenimento in situ dell’attuale diga ottocentesca (peraltro preservabile diversamente).

Quali sarebbero tali benefici?

Innanzitutto i risparmi. L’attuale progetto non costerà meno di due miliardi di euro. A spanne, con una diga su fondali non superiori a 30-35 metri, tracciato possibile, si risparmierebbero circa 900 milioni. Una cifra che permetterebbe importanti interventi di sviluppo dello scalo, dall’elettrificazione piena delle banchine al miglioramento delle connessioni terrestri, tema particolarmente sentito a Genova.

E in secondo luogo?

L’incertezza geotecnica sarebbe come detto contenuta e l’abbattimento del troncone di vecchia diga consentirebbe di posizionare il cerchio di evoluzione (dove le navi fanno manovra nei porti ad ingresso unico, ndr) in un luogo migliore. E poi i tempi, aspetto su cui le menzogne sono ridicole e tragiche. Basta considerare le altre dighe a cassoni di realizzazione recente. A Nador, in condizioni di fondale decisamente migliori non s’è andati oltre i 350 metri l’anno come ritmo di costruzione. L’attuale progetto genovese, al netto di inconvenienti, non terminerebbe prima del 2036. Ridimensionandolo si potrebbe puntare al 2030.”

Ma perché allora continuare così?

Fatico a spiegarmelo. Bucci è persona intelligente, non può non aver capito. Ma non si può nemmeno attribuire un simile errore e i possibili danni che ne deriveranno all’ego di una sola persona. D’altronde ad altre spiegazioni non voglio nemmeno pensare. Quel che mi preme è che un progetto cresciuto nella menzogna, torni nella verità: siamo ancora in tempo.

fonte: shippingitaly.it