La notizia del finanziamento della estensione del “Sistema tram” di Palermo da parte del Ministero per le Infrastrutture e Trasporti, come sapete, non ci ha colti affatto di sorpresa: avevamo anticipato di almeno 5 giorni che sarebbe andata così, pur con il condizionale, avendo rilanciato “rumors” insistenti da Roma. Chi ci segue sa come la pensiamo su questo sistema, avendo espresso più volte le nostre perplessità per una scelta dell’amministrazione Orlando monotematica sul tram, che viene considerato, evidentemente, soluzione universale, in tutti i luoghi ed in tutte le condizioni. Una cura taumaturgica in grado di risolvere i problemi di traffico facendo fronte alla domanda di trasporto ovunque: dal centro alla periferia, dalla costa alle propaggini delle montagne che circondano la Conca d’Oro.

 

Peccato che, per anni, nei testi di fior di luminari, abbiamo studiato che ogni sistema di trasporto pubblico risponde, con la sua offerta, a ben precisi “range” di domanda. Se la domanda supera l’offerta, la gente rimane a piedi ed i mezzi viaggiano stracolmi, riducendo il confort e, soprattutto, lasciando irrisolti i problemi di mobilità. Viceversa, saranno i mezzi a viaggiare semivuoti, con un inutile aggravio di costi per un sistema, quello del trasporto pubblico, già fisiologicamente in perdita. A Palermo, questo ABC dell’economia dei trasporti è stato sistematicamente ignorato. E se qualcuno pensava che ci fosse spazio, nella nostra città, per la realizzazione di una vera metropolitana, in grado, almeno, di far fronte ai flussi di traffico dell’asse centrale (quello che percorre la città dallo svincolo Oreto allo ZEN, linea di flusso principale degli spostamenti come individuato da studi che risalgono agli anni ’60), è meglio che si metta il cuore in pace.

 

Tra Fondi per la mobilità del MIT (487 milioni) e fondi stanziati dal Patto per Palermo (296 milioni) la nostra città riceverà, nei prossimi anni, quasi 800 milioni per la mobilità. Che si aggiungono, peraltro, ai 1.200 milioni spesi da RFI per il Passante Ferroviario. Stentiamo a credere che le somme che saranno in futuro rese disponibili a livello nazionale per la mobilità vengano nuovamente indirizzate da queste parti, considerando che per la MAL occorrerebbe una cifra che sfiora il miliardo e che tante altre città, anche di dimensioni notevoli, sono rimaste a guardare. E siamo sicuri che all’interno dell’attuale amministrazione comunale, nessuno verserà una sola lacrima per il suo mancato finanziamento, vista la malcelata, e quasi incomprensibile antipatia per questo sistema di trasporto.

 
 

IL SISTEMA TRAM

 

Il progetto originario prevedeva, oltre alle 4 linee esistenti, una estensione della rete attraverso altre 7 linee, denominate con le lettere da A a G. Nella successiva elaborazione del progetto definitivo, si è pensato bene di adottare una nuova dicitura per le linee, per numeri, Da 1 a 9. In questa numerazione, le linee esistenti sono le prime 4, a cui seguono le ex linee A, B e C, inserite nel cosiddetto “Patto per Palermo” che ne assicura il finanziamento a condizione che si rispetti la scadenza (prorogata a fine 2021) per l’attivazione dei contratti.

Si ha pertanto il seguente quadro delle linee esistenti:

 
  • 1: Roccella-Stazione Centrale (capolinea Balsamo)

  • 2A (oggi 2): Stazione Notarbartolo-P. Armerina (Borgo Nuovo)

  • 2B (oggi 3): Stazione Notarbartolo-CEP

 

Nella nuova numerazione manca il numero 3, mentre la linea

 
  • 4: Giulio Cesare-Giachery

 

Comprende il tratto esistente dell’attuale linea 4 Notarbartolo-Calatafimi compreso dentro l’itinerario che dalla Stazione centrale percorrerà via Basile e da qui perviene, sulla circonvallazione, in corso Calatafimi congiungendosi con la linea esistente (ex linea C). Da parte opposta, eliminato il terminale di piazza Boiardo (stazione Notarbartolo) la linea sarà prolungata fino a piazza Giachery (ex linea B).

I prolungamenti della linea 4 sono compresi nel “Patto per Palermo” insieme alla linea

 
  • 6: Villa sofia-Balsamo (ex linea A)

 

La più controversa, in quanto ricade praticamente sull’asse della prevista Metropolitana Automatica Leggera. Le tratte interessate dal finanziamento del MIT, per complessivi 44,7 km, sono le ex linee D-E-F-G:

 
  • 7A: Bonagia-Giachery (ex linea F + ex linea D)

  • 7B: Basile-Giachery (ex linea F)

  • 8: Villa Sofia-Francia (ex linea E1)

  • 9A: Villa Sofia-Mondello (ex linea E2)

  • 9B: Villa Sofia-Sferracavallo (ex linea G)

LA SVOLTA

 

Ma cosa ha causato questa svolta decisiva, a nostro avviso storica a favore dell’idea orlandiana di mobilità? Tutto ruota su un recente, macroscopico cambiamento di rotta che abbiamo registrato, nelle valutazioni del MIT, che non erano state benevole in passato con le idee dell’amministrazione comunale in fatto di mobilità. Già nell’agosto del 2019, come sappiamo, il Ministero aveva bocciato le linee attualmente finanziate. Ne avevamo anche anticipato le motivazioni, sostanzialmente due: scarso traffico di alcune direttrici (verso Mondello e verso Sferracavallo) e forti perplessità sul sistema “catenary free”. Ma le brutte notizie provenienti da Roma hanno interessato anche il PUMS, strumento di pianificazione indispensabile all’approvazione, in sede ministeriale, di qualsiasi finanziamento per opere di mobilità. Lo scorso mese di aprile, infatti, si ebbe notizia della bocciatura del PUMS, che non superò la sufficienza nell’istruttoria ministeriale finalizzata alla sua approvazione.

 

Acqua passata: in autunno cadono le foglie ma anche, evidentemente, i veti. Anticipando di qualche settimana l’approvazione delle linee tranviarie, anche per il PUMS è arrivato il “via libera” pur se con una “sufficienza “ piuttosto stentata. Quindi, sembra proprio che sia cambiata l’aria dalle parti del MIT, e decisamente a favore dell’amministrazione comunale. Una svolta che può essere facilmente compresa se si osserva l’attuale quadro politico che registra non poche contiguità tra Roma e Palermo, ma che solleva altrettante perplessità in chiave tecnica. Non a caso sostenemmo, illo tempore, che sarebbe stato difficile ottenere queste somme, alla luce delle risultanze dell’esame ministeriale al “sistema tram”. Risultanze talmente negative che avremmo voluto scrivere “impossibile” ma qualcosa (forse l’esperienza…) ci ha condotto a più miti consigli.

 

I PROBLEMI SCOMPARSI

 

Pensiamo, ad esempio, all’enorme “vulnus” rilevato su alcune delle linee tranviarie ipotizzate nel “sistema tram”, rappresentato dai soli 300 viaggiatori/h per direzione sulle linee più periferiche, secondo la stima dei progettisti, a fronte di un’offerta che, per un funzionamento ottimale di una linea tranviaria, dovrebbe aggirarsi intorno ai 3000: 10 volte tanto! Un problema non da poco, fatto rilevare senza troppi complimenti dal MIT un anno fa circa. Ed improvvisamente risolto, a quanto sembra, pochi giorni fa: avranno forse trovato, chissà dove, nel corso dell’ultimo anno, più 2500 viaggiatori/ora tra Sferracavallo e Palermo, o da qui a Mondello e viceversa?

 

Certo, le borgate marinare sono ben frequentate in estate, e vale la pena mettere loro a disposizione un servizio di trasporto pubblico veloce e frequente. Peccato che l’estate dura solo 3 mesi, a limite 4 visto che siamo a Palermo: vale a dire, se va bene, 1/3 dell’anno. Per gli altri 2/3 dal momento che rotaie e catenaria sono strumenti di trasporto affascinanti, ma hanno il difetto di essere costose sia da montare che da smontare (per questo le chiamano “impianti fissi”), e per di più hanno costi di manutenzione indipendenti dai passeggeri trasportati, si possono fare due cose: trasferire una parte consistente della popolazione palermitana nelle suddette borgate marinare (dopo essersi ovviamente accertati che siano appassionati fruitori del tram), o sospendere il servizio tranviario 8 mesi l’anno.

Se fossimo in Cina anziché in Italia, la soluzione praticata sarebbe la prima. Ma poiché siamo in Italia, bizzarro paese dalle mille tifoserie, per le squadre di calcio come per i sistemi di trasporto, ma dalle salde tradizioni democratiche, siamo certi che la seconda soluzione sia la più praticabile. Ma ciò, inoppugnabilmente, dimostra la follia di una scelta che può spiegarsi soltanto con un enorme pregiudizio di tipo ideologico, inaspettatamente avallato dai tecnici romani, a meno di sorprese dell’ultim’ora. Nulla impedirebbe infatti al MIT di imporre, nelle tratte più critiche, una scelta modale più adatta alle ferree regole di sostenibilità imposte dal bando ministeriale.

 

Magari, nelle linee in questione, si potrebbero sostituire i tram con comodi bus elettrici o a metano, molto più sostenibili economicamente e, a conti fatti (senza paraocchi) anche dal punto di vista ambientale: optando per l’alimentazione “catenary free”, e sapendo che il sistema di ricarica delle batterie con cui saranno equipaggiati i tram sperpera per strada il 60% dell’energia erogata, prodotta solo in parte da fonti rinnovabili, è facile comprendere come diviene competitiva persino la combustione interna. Per non parlare della difficoltà di smaltimento delle batteria, a causa delle sostanze fortemente inquinanti con le quali sono realizzate.

 

Non a caso, è stato lo stesso Ministero ad esprimere perplessità per una scelta, quella di togliere li cavi di alimentazione aerea, che può avere senso nel centro storico (ammesso e non concesso che i fili del tram siano così obbrobriosi per l’estetica delle architetture palermitane, essendo tollerati nei centri storici delle più belle città europee), ma non certo nella periferia della città. Se consideriamo che Sferracavallo è pure servita dal passante ferroviario (alimentato elettricamente) oggi assolutamente sottoutilizzato ed ignorato dall’amministrazione comunale, ma capace di garantire un treno ogni quarto d’ora per direzione già oggi ed, in teoria, uno ogni 5 minuti a raddoppio completato (!) il quadro sfavorevole per queste linee, coerentemente con le prime valutazioni del MIT, è inoppugnabile.

 

I COSTI DI GESTIONE: CHI CI PENSA?

 

Viceversa, mantenendo un flusso anche limitato di convogli sulle linee meno utilizzate dagli utenti, occorrerà accollarsi un enorme divario tra i costi di gestioni e gli introiti tariffari, incolmabile con i contributi riconosciuti per Legge da parte della Regione. Pertanto, la domanda sorge spontanea: perché scommettere tanto su un sistema che non soltanto non risolve, da solo, i problemi di mobilità, ma che invece è destinato ad appesantire le pur traballanti casse AMAT? Alla luce degli attuali 11 milioni annui di deficit AMAT causati dalla gestione di 36 km di linee tranviarie, cosa succederà alle casse della municipalizzata quando i chilometri saranno 100? Si sono posti la domanda gli esultanti amministratori comunali?

 

Per tornare a parlare in termini tecnici, occorrerebbe ricordarsi di un termine ormai scomparso dal vocabolario della nostra classe politica, ormai abituata all’orizzonte temporale delle prossime consultazioni elettorali, a scadenza pressoché semestrale, piuttosto che al governo della cosa pubblica: il termine “programmazione”. Parola che accanto ad un altro termine desueto, “gestione” fa emergere tutti i problemi legati alla scelta, ormai irrevocabile del tutto-tram, soprattutto per quanto concerne la sostenibilità economica.

 

Chissà se qualcuno, all’interno dell’amministrazione palermitana, ha mai pensato di dotarsi di un accurato piano di gestione economico-finanziaria della rete in via di estensione. Qualcosa che guardi un pò al di là dei 6 mesi di cui sopra: magari ai prossimi 30 anni, se si vuole per un attimo attenersi alle buone regole della tecnica ed economia dei trasporti.

 

In realtà, il Codice dei Contratti Pubblici prescrive questo genere di elaborati già nella prima fase di progettazione, detta anche “di fattibilità”, e non a caso. Una fattibilità tecnico-economica che non può prescindere dai costi di gestione e manutenzione della linea, che vanno confrontati, insieme a quelli di costruzione, con i benefici, diretti ed indiretti, del nuovo sistema di trasporto. Quindi qualcosa del genere dovrebbe già esistere, e saremmo curiosi di capire che numeri prevede per un sistema che, statistiche alla mano, è universalmente riconosciuto come il più costoso fra quelli esistenti, in termini di passeggero-km prodotto. All’AMAT ne sanno già qualcosa.

 
 

L’INTERMODALITA’ INESISTENTE

 

Riportiamo, per concludere, un passo della dichiarazione entusiastica del sindaco Orlando: “E’ un sistema elettrificato su linee di tram capillari. Un sistema che grazie a questo importantissimo intervento raggiungerà in modo diffuso le periferie Nord e Sud Ovest, completando di fatto la rete cittadina che già collega la costa Sud e le periferie dell’area Pedemontana”.

 

Un concetto, quello espresso dal sindaco, contrario al ruolo del Trasporto “rapido di massa”, alla base del programma di finanziamento che ha premiato il “Sistema Tram”. Esso, infatti, si realizza dove sono presenti grandi volumi di traffico con obiettivo principale l’intermodalità (pubblico\pubblico e privato\pubblico) e non laddove occorre servire le periferie, se, peraltro sono scarsamente abitate. In tal senso, casomai, sarebbero stati provvidenziali i parcheggi di interscambio e le autostazioni ai capilinea esterni delle linee tranviarie. Il sistema tram, invece, non li prevede né li propone, se non in posizioni del tutto avulse da questo ruolo, essendo molto più vicini al centro (Don Bosco, Foro Italico, Piazzale Ungheria) che alla periferia. Uno dei tanti misteri di questo intervento, che, sin da quando è stato pensato, a metà degli anni ’90, non è mai stato inserito in un contesto che guardasse al di là del sistema stesso: il tram basta a sé stesso, punto. Non si discute.

 

Infatti, per chiunque abbia alzato anche una flebile voce di dubbio, non sono mancati dileggio ed etichettature: da “nemici della città” a “cementificatori” e via offendendo. Mai un confronto aperto, mai un dibattito serio, mai orecchie attente alle tante, tantissime voci discordanti da un progetto del quale non si ricorda una seria analisi dei flussi di traffico, su scala quanto meno metropolitana. Quella, per intenderci, presente sia nel progetto della MAL, sia nei precedenti progetti di metropolitana, sempre inesorabilmente accantonati.