SEMBRAVA UN’IDEA GENIALE MA SI E’ TRASFORMATA BEN PRESTO IN UN CLAMOROSO FALLIMENTO

La storia è vecchia, ma “La Nuova Sardegna” l’ha riproposta in questi giorni, ed ha fatto bene: non è mai troppo tardi per ricordare, a tutti noi ed a chi ci segue, quanto possa essere facile compiere errori marchiani nel campo del trasporto ferroviario, se non se ne conoscono a fondo le dinamiche. Il caso Frecciabianca e, recentissimamente, il Cadore Express sono soltanto due dei tanti casi clamorosi che abbiamo trattato. E non saranno gli ultimi, visto il livello di pressappochismo e di incompetenza che si è diffuso tra chi, a vario titolo, gestisce questi sistemi, soprattutto da quando la competenza del Trasporto Pubblico Locale ferroviario è passata alle Regioni, togliendolo a chi, bene o male, sapeva distinguere una rotaia da un cavatappi.

Succede che nel 2009 la regione Sardegna ha la brillante idea di acquistare treni “ad assetto variabile”, comunemente detti “pendolini” in grado cioè di inclinare la cassa in corrispondenza delle curve, verso l’interno di esse, per ridurre gli effetti dell’accelerazione centrifuga. Un modo per incrementare la cosiddetta “accelerazione compensata” ed aumentare la velocità di percorrenza all’interno delle curve di un buon 20% in condizioni di comfort accettabile per i passeggeri.

I tal modo si pensava di rendere competitiva la rete ferroviaria dell’isola, con treni veloci in servizio sui 430 tortuosi chilometri di binari sardi a scartamento ordinario. Spesi ben 78 milioni di euro per acquistare otto nuove automotrici a trazione diesel (le linee sarde non sono elettrificate) , si è scoperto che il “pendolamento” non poteva essere attuato. Solo a partire dal 2015 entrano finalmente in funzione, senza poter attivare il “pendolamento” e superare il limite degli 85 km/h imposto dalle linee sarde, sei ATR 365 ed un ATR 465 a tre casse, mentre un altro treno, Atr 465 a quattro casse,  non è mai entrato in funzione e giace nel deposito Trenitalia presso la stazione di Cagliari.

E pensare che i nuovi “pendolini” avrebbero dovuto ridurre a tre ore i tempi di percorrenza tra Sassari e Cagliari raggiungendo picchi di 180 chilometri all’ora. Niente di tutto questo, a causa delle condizioni di vetustà della rete sarda che, oltre a non essere elettrificata, è ricca di curve, e ben tortuose, oltre che di opere d’arte risalenti a fine ‘800. Tutta roba incompatibile con velocità così elevate, ma anche con il sistema ad assetto variabile.

In pratica, paradossalmente, questi treni funzionano bene quando le curve hanno un raggio di una certa ampiezza. Se la curva è troppo “stretta”, ovvero ha un raggi di curvatura troppo ridotto, anche se in teoria è possibile incrementare la velocità inclinando la cassa, in pratica per l’elevata velocità il treno non riesce a raggiungere l’inclinazione massima prima di aver impegnato la curva. Va considerato infatti che l’inclinazione della cassa deve avvenire con gradualità, “dolcemente”, onde evitare ai passeggeri il “contraccolpo” ovvero, in parole povere, di essere sballottati all’interno della vettura troppo violentemente. Può quindi succedere che il treno impegni la curva senza riuscire a raggiungere il massimo dell’inclinazione, vanificando l’obiettivo di ridurre le spinte centrifughe subite dai passeggeri e poter elevare, in tal modo, la velocità.

Non è un caso, infatti, che dopo i primi entusiasmi della fine degli anni ’80 quando entrarono in esercizio i mitici ETR 450, si scoprì che i “pendolini” funzionavano bene su linee come la direttissima Roma-Firenze e meno bene sulle linee secondarie, proprio per motivi di comfort. Con l’avvento dell’Alta Velocità, su linee realizzate con raggi di curvatura molto ampi, nella progettazione dei  nuovi elettrotreni AV venne abbandonato l’assetto variabile, per tornare al meno complicato e più confortevole assetto costante. I poche pendolini in circolazione sulle linee ordinarie vennero mandati frettolosamente in pensione; ne rimangono in circolazione pochi esemplari di terza generazione operanti sui servizi “Frecciargento”.

Per tornare in Sardegna, si spera adesso di utilizzare i 2,4 miliardi stanziati da Rfi per 15 nuovi cantieri per “raddrizzare” le linee esistenti, anche con l’ausilio di una variante di 45 chilometri sulla tratta Bonorva-Torralba. Infatti, per i motivi sopra spiegati, i treni ATR 365 sono stati autorizzati a viaggiare a condizione di non attuare il “pendolamento”, mentre il 465 non è stato autorizzato affatto.

L’assessore regionale ai trasporti Antonio Moro ha dichiarato, al proposito, che l’ATR «è stato consegnato in ritardo e nel frattempo abbiamo combattuto le norme che non ne consentono l’utilizzo». Dal canto loro, i sindacati chiedono con Arnaldo Boeddu, segretario ella Filt Cgil di «realizzare i progetti per raddrizzare i raggi di curvatura nei tratti a nord di Oristano, procedere con gli espropri dei terreni per eliminare i passaggi a livello cosiddetti “privati”, avere le autorizzazioni affinché i treni Caf finalmente possano pendolare ovvero possano ridurre i tempi di percorrenza».

In effetti, è impensabile che enti come ANSFISA autorizzino la percorrenza ad assetto variabile (ovvero il rango “P”) a linee che non siano state adeguatamente riammodernate, sia per quanto riguarda i raggi di curvatura, sia per quanto riguarda i passaggi a livello, sia per mantenere integre opere d’arte come ponti, ponticelli e sottopassi che mal sopportano velocità più elevate della norma. In Sardegna dovranno quindi armarsi di santa pazienza, ed aspettarsi lunghi anni di utilizzo dei “pendolini” a velocità massima uguale a tutti gli altri treni in circolazione.

Pertanto, non ci sarà nulla da fare prima della fine dei lavori finanziati da RFI, sopra accennati. Con buona pace di chi vuole “combattere le norme“, come se si trattasse di fastidiosi orpelli quando invece, fortunatamente, sono regole finalizzate alla sicurezza dei viaggiatori e vanno rispettate, anche se non fanno fare bella figura ai politici. I quali, casomai, prima di imbarcarsi in avventure senza futuro, dovrebbero informarsi su come funzionano treni e ferrovie.