TRAM, LA GENIALE DELIBERA… CHE NON RISOLVE (MA RIMANDA) IL PROBLEMA DELLE “INTERFERENZE”
Se con una semplice delibera si risolvessero tutti i problemi di un’opera pubblica complessa, come la realizzazione di un’intera rete tranviaria, gli autori dell’atto sarebbero candidabili al premio Nobel per la Pubblica Amministrazione. Non succederà comunque agli amministratori palermitani, e non certo perché questa categoria non sia contemplata in quel di Stoccolma.
La Delibera candidata al Nobel, secondo l’amministrazione palermitana e buona parte della stampa locale, fin troppo abituata a trascrivere acriticamente i comunicati stampa (con titoli del tipo “via alla gara per il tram”…), è la n° 262 DEL 28 novembre 2022 che riporta come oggetto: “Atto d’indirizzo. Interferenza fra concessioni di suolo pubblico per attività commerciali e realizzazione delle “ Nuove Linee Tram della Città di Palermo e parcheggi pertinenziali – Condizioni di temporanea permanenza”.
Già il titolo è significativo: si tratta di un semplice “atto di indirizzo”. Per chi conosce la Pubblica Amministrazione, la delibera assume, più o meno, la forma di una raccomandazione ai Dirigenti. Nella fattispecie, questa sorta di “linea guida” viene emanata con particolare riferimento alla problematica delle interferenze che interesseranno i futuri lavori di estensione della rete tranviaria, ancora in cerca di una soluzione.
Nel merito, leggendo la delibera comprendiamo che i funzionari comunali dovranno affrontare un compito improbo prima e durante la realizzazione delle opere.
Vi si legge infatti che i malcapitati concessionari di attività (ad esempio edicole e distributori di carburante) presenti lungo il tracciato delle linee non sono tenuti a liberare sin da subito le aree a loro concesse, ma dovranno sottoscrivere “un atto d’obbligo col quale si impegnino a rilasciare libere da persone e cose le aree occupate entro trenta giorni dal preavviso inviato dalla Direzione Lavori” e che “producano contestualmente una polizza fideiussoria” con importi commisurati alle aree interessate: 8.000 euro “per chioschi ed edicole” e la bellezza di 80.000 per gli “impianti di distribuzione di carburanti”.
In parole povere, per il momento i titolari di queste attività possono continuare tranquillamente ad esercitarle, ma dovranno sloggiare in soli 30 giorni, ed a loro spese, a partire da quando la Direzione Lavori lo riterrà opportuno. Ovvero, presumibilmente, pochi giorni prima dell’effettivo avvio delle opere. Viceversa, interverrà il comune, in danno, rivalendosi sulla fideiussione.
Il problema si pone soprattutto per le edicole ed rifornimenti di carburante: questi ultimi dovranno addirittura produrre un progetto di dismissione, entro ulteriori 30 giorni, che si aggiungono a quelli di cui sopra. Considerando, oltre all’esiguità del tempo (un mese per fare un progetto?) anche l’onerosità della polizza fideiussoria, possiamo già prevedere una sfilza di ricorsi ed altrettante inadempienze: immaginate, infatti, cosa succederebbe se il concessionario non dovesse emettere l’anzidetta polizza.
Materia da legulei, foriera certamente di montagne di carta bollata; con buona pace di chi aveva osannato la delibera salvifica che, invece di semplificare, sembra complicare le cose.
Ma questo è niente rispetto alla problematica ben più corposa che è emersa in sede di discussione in Consiglio Comunale, dove è stata facilmente evidenziata dalle forze che si oppongono al progetto: quella dei sottoservizi presenti lungo il tracciato (ne abbiamo già trattato QUI). Fatto ancor più grave, tale problematica è stata pesantemente sottolineata anche in sede di verifica progettuale e, precedentemente, nell’ambito del parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.
Durante la redazione del progetto, di fronte all’impossibilità di stabilire con esattezza dove si trovano tubazioni idriche, fognarie e del gas, nonchè cavi elettrici, telefonici e telematici lungo tutti i tracciati delle nuove linee, e quantificare l’importo del loro spostamento, l’Amministrazione comunale (quella precedente) ha pensato bene di accollarne l’onere agli enti gestori (su questo aspetto si veda QUI il nostro parere). Cioè, nella stragrande maggioranza dei casi, al Comune stesso, dato che parliamo principalmente di AMG ed AMAP.
Ebbene, la Delibera da Nobel è ancora più pilatesca: vi si sostiene, infatti, che non soltanto “l’Amministrazione ritiene…… che le stesse restino a carico dei soggetti gestori” confermando paro paro quanto stabilito dalla giunta Orlando, non senza polemiche da parte delle stesse municipalizzate; ma anche che “le superiori attività debbano esser poste in essere solo nei casi in cui gli impianti siano stati collocati, non conformemente alle vigenti disposizioni di legge, entro i 70 cm previsti per l’imposta della piattaforma tramviaria”.
Il che, sempre per usare termini comprensibili ai più, significa: poiché la piattaforma tranviaria (vale a dire l’insieme di sottofondo, piastra in cemento armato, organi di attacco e rotaie) ha uno spessore di 70 cm., tutto quello che sta sotto non costituisce un problema.
Un escamotage “tecnico” che lascia a dir poco perplessi, dato che è stato studiato nell’evidente tentativo di escludere dalla dismissione la maggior parte dei sottoservizi, situati in genere più in profondità. Ma cosa succederebbe nel caso, che per esperienza reputiamo non infrequente, che gli stessi si trovino, magari, a 75 o 80 cm dalla superficie, con le macchine ed i mezzi operativi che svolgono il loro lavoro immediatamente al di sopra di tubazioni e cavi?
Possiamo facilmente immaginarlo, consci di quanto sia ampia la distanza tra la teoria e la realtà, specie laddove scavi e ripristini vengono effettuati con una certa approssimazione. E gli effetti di questa situazione non potranno essere ignorati dalla Direzione Lavori, dal RUP e dalla stessa impresa esecutrice, tutti soggetti onerati, per Legge, del rispetto delle norme di sicurezza nell’esecuzione dei Lavori Pubblici.
Certamente non se ne sono curati i firmatari della delibera, anche se fra loro, come sappiamo, figura qualcuno che con i Lavori Pubblici dovrebbe avere una certa dimestichezza. Più difficile è pensare che non se ne siano resi conto gli estensori dei pareri tecnici, che pure adornano il geniale atto amministrativo.
In conclusione, per esperienza consolidata, ci saremmo aspettati una maggiore attenzione a questi temi. Invece, ancora una volta, ci troviamo di fronte ad un approccio superficiale, improntato a spostare il problema più in là anziché risolverlo. Per poi ritrovarselo in fase esecutiva, quando la soluzione non potrà più essere rinviata.
L’esito sarà il solito: lavori a rilento, disagi per i cittadini, varianti in corso d’opera. Magari alla ricerca delle somme necessarie, nella più che probabile ipotesi di inottemperanza da parte di chi subirà la discutibile imposizione di farsi carico dei necessari lavori. E maturando i soliti ritardi nella consegna dei lavori, sempre che si arrivi ad ultimarli.
E’ così che un malposto desiderio di far presto nella realizzazione di queste opere ne comprometterà, e non poco, l’esito finale. Penalizzando i cittadini, e fra questi, soprattutto, quelli che del tram hanno fatto, negli ultimi anni, una bandiera. Vessillo troppo frettolosamente impugnato dall’attuale amministrazione comunale.
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