LA TRAGEDIA DI BALTIMORA MOSTRA LA PERICOLOSITA’ DELLE PILE IN MARE. UN’OPZIONE GIUSTAMENTE SCARTATA SULLO STRETTO DI MESSINA

Siamo in grado di mostrarvi la sequenza del tragico incidente di ieri mattina nelle acque di Baltimora, dove la portacontainer Dali da 9.962 Teu, lunga 300 metri, di proprietà della singaporiana Grace Ocean (filiale locale di Mitsui&Co) e operata dalla compagnia di navigazione danese Maersk, in partenza verso Colombo (Sri Lanka) ha urtato un pilone del Francis Scott Key Bridge, a travata metallica reticolare della lunghezza di 2,5 km. Il ponte è subito crollato, come si vede nell’impressionante filmato, mentre scoppiava un incendio a bordo della nave.

Da quanto si è saputo, l’incidente avrebbe provocato una vittima, ma si contano anche 6 dispersi le cui ricerche sono tuttora in corso. Grace Ocean ha dichiarato in una nota che la nave era in navigazione con a bordo due piloti: “Tutti i membri dell’equipaggio, compresi i due piloti, sono stati rintracciati e non ci sono segnalazioni di feriti. Inoltre non c’è stato alcun inquinamento”. La nave era partita da Baltimora all’1 di notte ed era diretta a Colombo, nello Sri Lanka.

Uno degli effetti del crollo è che rimane isolata la maggior parte dei terminal del porto di Baltimora, che si trovano dietro il ponte abbattuto, bloccando circa 40 navi mentre ne erano attese in arrivo una trentina. Lo scalo di Baltimora è il primo a livello nazionale per quanto riguarda le automobili e gli autocarri leggeri, il primo per quanto riguarda i carichi roro, il primo per le importazioni di gesso, il secondo per lo zucchero importato e il secondo per il carbone esportato (fonte shippingitaly.it).

La pericolosità delle pile in alveo e la scelta lungimirante per il Ponte sullo Stretto

Quanto accaduto fa emergere ancora una volta la problematica delle pile in alveo per i ponti che attraversano stretti, estuari o bracci di mare molto trafficati. Non sono stati pochi gli eventi simili registrati negli ultimi decenni in tutto il mondo, anche a causa dell’incremento esponenziale dei trasporti marittimi e della stazza delle navi in circolazione. Si pensi alle megaportacontainers che ormai raggiungono 30.000 TEU (oltre 3 volte la nave che ha causato l’incidente) la cui massa enorme rappresenta un pericolo per qualsiasi struttura in mare. Al punto che, ormai, è fortemente sconsigliata la realizzazione di pile in alveo per i ponti, se non strettamente necessaria.

Un evento che, nella sua tragicità, conferma ancora una volta la bontà della scelta che è stata fatta per il Ponte sullo Stretto di Messina, che non ha pile in mare ma ben dentro la terraferma. Una scelta fatta nel lontano 1990, quando la realizzazione di una o più pile in mare fu sconsigliata dai più grande esperti allora esistenti al mondo, l’americano Robert Whitman e l’olandese Abraham Van Weele, vedi figura seguente) non soltanto per problemi legati ai costi ed alla presenza di fortissime correnti, ma anche per la presenza di un fortissimo traffico navale lungo lo Stretto.

ponte stretto 3 campate
Il parere di Whitman e van Weele che nel 1990 bocciò l’ipotesi del ponte sullo Stretto con pile in mare.

E che fa riflettere sulle conclusioni della famosa “Commissione De Micheli” che pochi anni fa venne messa su per valutare la migliore opzione per il collegamento stabile, ignorando che la scelta tipologica era stata già abbondantemente effettuata oltre 30 anni prima e che, nel frattempo, l’opera era stata pure appaltata. La Commissione, dopo ben nove mesi, concluse escludendo le ipotesi di tunnel subalveo e tunnel “di Archimede” (ovvero sospeso a mezz’acqua), preferendo l’ipotesi ponte ma rilanciando, incredibilmente, proprio l’opzione a più campate, per la quale sarebbe stato necessario realizzare le pile in alveo.  Motivazione, altrettanto incredibile, era che un ponte del genere sarebbe “presumibilmente” costato meno.

Fortunatamente ha prevalso il buon senso, e, con il nuovo governo, il ripristino del contratto con Eurolink ha ricondotto la realizzazione dell’opera al progetto definitivo già redatto nel 2011, oggi aggiornato ed in fase di approvazione, sulla base della scelta tipologica del ponte a campata unica e pile in terraferma.

Non ci illudiamo: il nopontismo in servizio permanente effettivo si è messo ugualmente in moto, prendendo a pretesto il crollo di Baltimora per attaccare, senza alcun fondamento, il Ponte sullo Stretto. Quando, come abbiamo spiegato prima, un minimo di onestà intellettuale consiglierebbe di tacere, se non si vuole plaudire alla scelta tipologica di 34 anni fa, che si è rivelata azzeccata e lungimirante.